Archivio di 2024

Rassegna Musicale
LISZT MUSICISTA NEL FUTURO 2024



12 e 14 Dicembre 2024

Coproduzione Fondazione Istituto Liszt & Associazione MASK
In collaborazione con Angelica – Centro Ricerche Teatro San Leonardo e Goethe Zentrum
XIV MASKFEST

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Giovedì 12 Dicembre, ore 19.30
Centro di Ricerca Musicale / Teatro San Leonardo
Teatro San Leonardo, via S. Vitale 63

PROIEZIONI SACRE E POPOLARI

Orchestra da camera OYO (Our Youth Orchestra) + Icarus Ensemble

Musiche di Béla Bartók, Alberto Caprioli, Francesco Filidei, Vahid Eftekhar Hosseini, Franz Liszt, Massimiliano Messieri, Riccardo Nova, Luigi Sammarchi

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14 Dicembre, ore 17.30
Goethe Zentrum Bologna, via de’ Marchi 4

LISZT VISIONARIO:
NUOVE ESPRESSIONI FRA LE DIASPORE E GLI IMPERI

Igor Polesitski, violino/viola; Jeffrey Thickman,pianoforte; Jamal Ouassini, violino; Vangelis Mercouris, liuto e voce; Klezmerata fiorentina

Musiche di Franz Liszt e di tradizione ottomana e klezmer

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Rassegna collegata al Symposium internazionale 
Liszt musicista transculturale
Liszt as a trancultural composer

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TIAGO DE OLIVEIRA PINTO
bio e abstract

Tiago de Oliveira Pinto è un musicista, musicologo e antropologo che ha vissuto e studiato a San Paolo, in Brasile. È stato professore ordinario di antropologia sociale presso l’ Università di San Paolo, prima di essere nominato titolare della cattedra di studi musicali transculturali presso l’Università di musica Franz Liszt di Weimar nel 2009. Nel 2017 la cattedra che detiene è stata convertita in una cattedra UNESCO, la prima cattedra musicologica UNESCO al mondo.

Tiago de Oliveira Pinto is a musician, musicologist and anthropologist with an educational and biographical background in São Paulo, Brazil. He was a full professor in Social Anthropology at the Universidade de São Paulo, before he was appointed Chair Holder on Transcultural Music Studies at the University of Music Franz Liszt Weimar in 2009. In 2017 the Chair he holds was converted into a UNESCO Chair, the first musicological UNESCO Chair world wide.

Musica e trance in una prospettiva transculturale
– La visione di Franz Liszt su Cecilia di Raffaello

Tiago de Oliveira Pinto, University of Music Franz Liszt, Weimar

La raffigurazione di Santa Cecilia, accompagnata da San Giovanni Apostolo, Maria Maddalena, San Paolo Apostolo e Agostino, è uno dei dipinti più emblematici di Raffaello. Franz Liszt fu sopraffatto dalla sua bellezza e dalle sue connotazioni simboliche. In una lettera all’amico Joseph d’Ortigue del 1838, egli racconta le sue impressioni sul capolavoro di Raffaello:

(…) la sua bellezza ideale mi colpì con la stessa violenza della sua rappresentazione.

La musica stessa e l’essere umano trasformato dalla musica, che in tal modo si avvicina alla sfera divina, sono i due temi che Liszt affronta nel suo testo sul dipinto di Raffaello. Da un lato Franz Liszt è interessato a una comprensione più profonda del potere della musica così come assorbita all’interno della sfera umana – dimensione qui incarnata da Cecilia – ma da un altro lato Liszt identifica un’immagine ideale della musica, che viene sviluppata tramite la presenza delle quattro figure raggruppate attorno a Cecilia. Il “principio di Cecilia” può essere descritto come una condizione di esistenza che viene indotta solo attraverso la musica: uno specifico stato spirituale di integrale rottura rispetto alla vita ordinaria.
Secondo Liszt questa è l’estasi di Cecilia che si libera dalla sfera mondana, ivi compresa la musica strumentale (profana). Cecilia è rapita in uno spazio senza tempo, che Liszt chiama “spazio illimitato”, mentre ascolta la musica degli angeli.
Lo stato alterato di coscienza innescato dalla musica, che la Cecilia di Raffaello esprime e che Liszt riconosce, aiuta in ultima analisi a comprendere musica e mito in un intreccio fisico e spirituale simultaneo che attraversa le culture. Questa esperienza musicale e religiosa non è legata a una particolare affiliazione culturale, perché questa qualità spiritualmente stimolante – e responsabilizzante – della musica può essere incontrata in tutte le società.

Music and Trance in a Transcultural Perspective
– Franz Liszt’s view on Cecilia from Raphael

Tiago de Oliveira Pinto, University of Music Franz Liszt, Weimar

The depiction of St. Cecilia, accompanied by St. John the Apostle, Mary Magdalene, St. Paul the Apostle and Augustinus, is one of Raphael’s most emblematic paintings. Franz Liszt was overwhelmed by its beauty and symbolic connotations. In a letter to his friend Joseph d’Ortigue from 1838 he gives account of his impressions on Raphael’s masterpiece:

(…) its ideal beauty seized me as violently as that of its representation.

Music itself and the human being transformed by music, who thus comes close to the divine sphere, are the two subjects that Liszt deals with in his text on Raphael’s painting. On the one hand, Franz Liszt is concerned with a deeper understanding of the power of music through its human integration, embodied here by Cecilia, and on the other hand he recognizes an ideal image of music, which he seeks to develop from the presence of the four figures grouped around Cecilia. The “Cecilia principle” could be described in such a way that it is only through music that a very specific spiritual state of human existence is promoted, a true rupture from ordinary life.
For Liszt it is about the ecstasy of Cecilia, who gets rid of the worldly, including instrumental (profane) music. She is enraptured in a timeless space, which Liszt calls “immeasurable space,” while she listens to the music of the angels. The altered state of consciousness triggered by music, which Raphael’s Cecilia expresses and which Liszt recognizes, ultimately helps to understand music and myth in a simultaneous physical and spiritual entanglement across cultures. This music and religious experience is not tied to a particular cultural affiliation, because this spiritually stimulating – and challenging – quality of music can be encountered in all societies.

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NICOLAS DUFETEL, bio e abstract

Nicolas Dufetel è ricercatore presso il CNRS di Parigi (IReMus, Institut de recherche en musicologie), e insegna alla Université catholique de l’Ouest, Angers. Dopo ave studiato storia e musicologia, ha dedicato la sua tesi di dottorato alla musica religiosa di Franz Liszt (François-Rabelais University, Tours, 2008). L’insegnamento e le attività di ricerca riguardano la storia della musica, l’analisi, l’estetica (Liszt, Wagner, il 19° Secolo, gli studi Ottomani), i Cultural Studies.

Nicolas Dufetel is a researcher at the CNRS, Paris (IReMus, Institut de recherche en musicologie), and teaches at the Université catholique de l’Ouest, Angers. After studying history and musicology, he devoted his doctoral thesis to the religious music of Franz Liszt (François-Rabelais University, Tours, 2008). His teaching and research activities include the history of music, analysis, and aesthetics (Liszt, Wagner, 19th Century, Ottoman studies), and Cultural studies.

“Io non so se son Valacchi O se Turchi son costor”:
La rapsodia “rumena” di Liszt come esempio di trasferimento e transculturalità tra Europa e Turchia


Nicolas Dufetel, CNRS-IReMus, Paris
Nel 1930 Béla Bartók informò Octavian Beu, diplomatico e musicografo rumeno, che il Museo Liszt di Weimar conteneva “una Rapsodia, finora inedita, che forse utilizza temi rumeni”. L’anno successivo, Beu pubblicò un libro su Liszt e la Romania (secondo i confini post-1919), Franz Liszt în ţara noastră, in cui dedicò due capitoli alle influenze musicali rumene nella sua musica, ma anche uno sui suoi concerti nel Palazzo del Sultano. Il viaggio di Liszt in Romania è infatti legato, cronologicamente e geograficamente, alla sua esperienza turca, o ottomana. Beu, quando pubblicò la partitura inedita di Weimar nel 50° anniversario della morte del compositore, scelse il titolo apocrifo di Rapsodia “rumena”, testimonianza della fondazione nazionale rumena. Come le altre Rapsodie ungheresi di Liszt, anche questa è strettamente legata ai suoi viaggi, come sfida alle frontiere e alla geopolitica storica e nazionalistica.
La storia e la geografia della genesi di questa Rapsodia postuma risalgono alle sue tournées, tra il 1846 e il 1847, in quelle regioni che egli chiamava “i paesi perduti”, che lo avrebbero condotto infine a Costantinopoli. Al suo secondo concerto per il Sultano, l’11 giugno 1847, un critico osservò che improvvisò su “vecchie arie valacche che hanno una forte somiglianza con le arie turche”. Prima di arrivare sul Bosforo, Liszt aveva attraversato quelle regioni dei Balcani dove la dominazione turca aveva lasciato una profonda orma, e dove era ancora una realtà: i “Principati danubiani”, la Valacchia e la Moldavia, base, con la Transilvania, del moderno stato nazionale rumeno. Come Liszt stesso racconta nel suo libro Des Bohémiens et de leur musique en Hongrie, che può essere letto attraverso una visione orientalista, ebbe allora modo di ascoltare musicisti Rom il cui stile si mescolava alla musica turca o “orientale”.
Questa relazione, come prova di “geomusicologia”, si propone di studiare la transculturalità della Rapsodia “rumena” utilizzando la teoria dei trasferimenti culturali. Lo studio della sua genesi e la sua analisi musicale, combinati con la geografia di Liszt, ci permettono di interrogarci sulla sua identità multipla. Infatti, potrebbe essere facilmente considerata una rapsodia “valacca” o “ottomana”. È una partitura in cui non solo confluiscono melodie di diverse identità, ma rivela anche un dialogo tra le cosiddette categorie “occidentali” e “orientali”: sfida le definizioni tradizionali di orientalismo e ci permette di vedere il fenomeno in modo diverso da un punto di vista estetico.

“Io non so se son Valacchi O se Turchi son costor” :
Liszt’s “Romanian” Rhapsody as an example of cultural transfer and transculturality between Europe and Turkey

Nicolas Dufetel, CNRS-IReMus, Paris
In 1930 Béla Bartók informed Octavian Beu, a Romanian diplomat and musicograph, that the Liszt Museum in Weimar contained “a Rhapsody, hitherto unpublished, which perhaps uses Romanian themes.” The following year, Beu published a book on Liszt and Romania (according to post-1919 boundaries), Franz Liszt în ţara noastră, in which he devoted two chapters to Romanian musical influences in his music, but also one on his concerts at the Sultan’s Palace. Liszt’s trip to Romania is in fact linked, chronologically and geographically, to his Turkish, or Ottoman, experience. Beu, when editing the unpublished Weimar score on the 50th anniversary of the composer’s death, chose the apocryphal title of “Romanian” Rhapsody, evidence of Romanian national construction. Like Liszt’s other Hungarian Rhapsodies, this one is closely linked to his travels as a challenge to borders and historical and nationalistic geopolitics.
The history and geography of the genesis of this posthumous Rhapsody go back to his virtuoso tours, between 1846 and 1847, in those regions he called “the lost countries,” which would eventually lead him to Constantinople. At his second concert for the Sultan, on June 11, 1847, one critic observed that he improvised on “old Wallachian airs that bear a strong resemblance to Turkish airs.” Before arriving on the Bosporus, Liszt had traveled through those regions of the Balkans where Turkish rule had left a deep footprint, and where it was still a reality: the “Danubian Principalities,” Wallachia and Moldavia, the basis, with Transylvania, of the modern Romanian nation-state. As Liszt himself recounts in his book Des Bohémiens et de leur musique en Hongrie, which can be read through the prism of Orientalism, he then had the opportunity to listen to Gypsy musicians whose style was mixed with Turkish or “Oriental” music.
This paper, as a kind of “geomusicology,” aims to study the transculturality of the “Romanian” Rhapsody using cultural transfer theory. The study of its genesis and musical analysis, combined with Liszt’s geography, allow us to question its multiple identity. Indeed, it could easily be considered partially a “Wallachian” or “Ottoman” rhapsody. It is a score in which not only melodies of different identities converge, but also reveals a dialogue between so-called “Western” and “Oriental” categories. It challenges traditional definitions of Orientalism and allows us to see the phenomenon differently from an aesthetic point of view.
Nicolas Dufetel, CNRS-IReMus, Paris

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EVA-MARIA DE OLIVEIRA PINTO
bio e abstract

La dott.ssa Eva-Maria de Oliveira Pinto è musicologa, educatrice musicale e interprete di musica sacra. È stata docente presso l’Università Mozarteum di Salisburgo, e fino al 2014 è stata professoressa ordinaria di educazione musicale presso la Hochschule für Musik di Detmold. Dal 2015 lavora per la UNESCO-Chair per gli Studi musicali transculturali presso l’Università di musica Franz Liszt di Weimar. Gli argomenti principali delle sue lezioni, ricerche e pubblicazioni riguardano la musica del XIX secolo, la musica per pianoforte e organo del XIX e XX secolo, la musica sacra e i temi dell’educazione musicale (in particolare l’educazione musicale transculturale). Dal 2010 è co-curatrice della rivista Musik und Unterricht e dal 2016 è co-curatrice della collana di libri Sounding Heritage della UNESCO-Chair sugli studi musicali transculturali.

Dr. Eva-Maria de Oliveira Pinto is a musicologist, music educator and church musician. She was lecturer at University Mozarteum/ Salzburg, until 2014 she was a full professor for music education at Hochschule für Musik Detmold. Since 2015 she was working for the UNESCO-Chair on Transcultural Music Studies at the University of Music FRANZ LISZT Weimar. The main topics of her lectures, research and publications are on 19th Century music, piano- and organ- music of the 19th and 20th Centuries, church music and subjects in the field of music education (especially on Transcultural Music Education). Since 2010 she was co-editor of the journal Musik und Unterricht and since 2016 she is co-editor of the book series Sounding Heritage of the UNESCO-Chair on Transcultural Music Studies.

Conservazione e trasmissione attraverso la transculturazione? I concetti transculturali di Franz Liszt sull’acquisizione della musica Rom all’interno della musica d’arte

Abstract

I movimenti migratori e le pratiche dei popoli nomadi hanno sempre incentivato i processi di scambio culturale nel corso della storia umana. Uno dei primi contatti concreti con la musica dei nomadi e delle popolazioni con uno stile di vita semi-nomade – in questo caso i Rom, precedentemente noti come “Gypsies” – fu quello di Franz Liszt. Nel suo libro Des Bohémiens et de leur musique en Hongrie (1859), Liszt affrontò il tema della musica dei Rom non solo in Ungheria, ma incluse anche l’analisi di musiche di altre regioni interne alla monarchia asburgica quali i Balcani. Liszt attraversò più volte le regioni dei Balcani dove venne a conoscenza delle prassi musicali Rom, ottenendo fondamentali suggestioni per la propria produzione artistica.
La conferenza si concentrerà sulle riflessioni di Liszt sulla conservazione e la trasmissione della musica “Gipsy” attraverso processi transculturali, come descritto in Des Bohémiens et de leur musique en Hongrie. In questo contesto, l’uso compositivo e la trasformazione del materiale folklorico da parte di Liszt è esemplificato dalle sue “Rapsodie”.
Le idee di Franz Liszt sulla conservazione e la trasmissione della musica dei popoli nomadi o “privi di nazionalità” si avvicinano molto alla definizione contemporanea della musica come Patrimonio Culturale Intangibile (UNESCO). Verranno infine discussi il concetto di musica come bene immateriale, o patrimonio vivente e l’importanza dei processi transculturali per la sua conservazione.

Preservation and Transmission through Transculturation? Franz Liszt’s Transcultural Concepts on Overtaking the Music of the ‘Gypsies’ in Art Music

Abstract

Migration movements and the practices of nomadic people have always increased culturalexchange processes throughout human history. One of the first empirical engagements with the music of nomads and of people with a semi-nomadic lifestyle – in this case the Roma, formerly known as “Gypsies” – was that of Franz Liszt. In his book Des Bohémiens et de leur musique en Hongrie (1859), Liszt focused on the music of the Gypsies in Hungary and beyond, also including the analysis of music from other regions of the Habsburg monarchy such as from the Balkans. He traveled multiple times through the Balkan region where he witnessed Gypsy musical practices, obtaining important impulses for his own artistic production.
The paper will focus on Liszt’s reflections on the preservation and transmission of Gypsy music through transcultural processes, as described in Des Bohémiens et de leur musique en Hongrie. In this context, Liszt’s compositional use and transformation of folkloric material will be exemplified with his “Rhapsodies.”
Franz Liszt’s ideas about the preservation and transmission of the music of nomadic or “nationless” people come very close to a contemporary definition of music as Intangible Cultural Heritage (UNESCO). Finally, the concept of music as an intangible, or a living heritage and the importance of transcultural processes for its preservation will be discussed.

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SHAY LOYA
bio e abstract

Transculturazione e analisi musicale

Dott. Shay Loya , City St George’s, Università di Londra

Il dottor Shay Loya è Senior Lecturer of Music presso la City University of London, dove insegna teoria e analisi musicale e dirige il programma BMus. È membro del consiglio di amministrazione della rivista Music Analysis, dove è stato membro del comitato e in seguito direttore, della SMA nel periodo 2011-2020. La sua ricerca unisce l’analisi musicale con i temi del nazionalismo, del cosmopolitismo, dell’esoticismo e della transculturazione nel XIX secolo, con particolare attenzione alla musica di Franz Liszt. È di prossima pubblicazione un capitolo sull’antisemitismo nel libro Des Bohémiens di Liszt; attualmente sta lavorando a una nuova monografia dal titolo provvisorio Liszt’s Late Style(s), che offre nuove e diverse prospettive estetiche e analitiche sull’affascinante opera tarda del compositore.

Dr Shay Loya is a Senior Lecturer of Music at City, University of London, where he teaches music theory and analysis and directs the BMus programme. He is a board member of the journal Music Analysis and was a committee member and then a trustee of the SMA in 2011-2020.  
His research combines music analysis with issues of nineteenth-century nationalism, cosmopolitanism, exoticism and transculturation, with a particular focus on the music of Franz Liszt. A chapter on anti-Semitism in Liszt’s book Des Bohémiens is forthcoming, and he is currently also working on a new monograph provisionally entitled Liszt’s Late Style(s), which offers new and diverse aesthetic and analytical perspectives on the composer’s fascinating late oeuvre.   

Abstract

“Transculturazione”, termine coniato da Fernando Ortiz nel 1940, riguarda la convergenza di culture e il conseguente emergere di nuove. Partendo da una spiegazione generale di questo termine e distinguendolo da alcuni possibili sinonimi, il discorso sposta rapidamente l’attenzione sulla relazione ambigua e scivolosa – nell’arte e nella musica – tra rappresentazioni identitarie ed evoluzioni concrete e materiali. Come sosterrò, le ideologie nazionaliste e le mode esotiche sono state importanti motori della transculturazione nel “lungo diciannovesimo secolo”, ma la transculturazione effettiva è un fenomeno di diversa entità, difficile da studiare e ancora più difficile da comunicare in modo lineare e accessibile. Questo avviene perché la transculturazione in musica essenzialmente riguarda sottili cambiamenti nelle norme stilistiche e artistiche, le quali richiedono sia una lettura critica della storia, che un affinamento degli strumenti più specialistici dell’analisi musicale. Questo intreccio di competenze è problematico nella nostra epoca di specializzazioni accademiche. La disciplina musicale-analitica raramente si occupa di transculturazione, e d’altra parte gli studi postcoloniali raramente contengono analisi musicali.

Quindi, come può essere analizzata la transculturazione musicale ? Perché dovrebbe essere analizzata? E, se è importante, come può un’analisi così specializzata raggiungere e diventare significativa per un pubblico più vasto, al di là di una piccola comunità di esperti ? Per rispondere a queste domande in un breve lasso di tempo, offrirò e discuterò alcuni piccoli casi esemplari. Da Gluck, attraversando Liszt, fino a Stravinsky, questi esempi si concentrano sul tema della rappresentazione della “barbarie” e sul concomitante emergere di nuove estetiche e tecniche minimaliste nel “lungo diciannovesimo secolo”.

Transculturation and Music Analysis

Dr Shay Loya, City St George’s, University of London

Abstract

‘Transculturation’, coined by Fernando Ortiz in 1940, is about the convergence of cultures and emergence of new ones. Starting from a broad explanation of this term, and its distinction from some synonyms, the talk swiftly turns its attention to the slippery relationship in art and music between representation of identity and material change. As I will argue, nationalist ideologies and exoticist fashions have been important drivers of transculturation in the long Nineteenth-Century, but transculturation itself is a separate phenomenon that is harder to study, and harder still to communicate in an accessible way. This is because transculturation in music is essentially about subtle changes in stylistic and artistic norms that require both a critical reading of history and the more specialised tools of music analysis. The combination is problematic in our era of academic specialisations. The musical-analytical discipline rarely concerns itself with questions of transculturation, and postcolonial studies rarely contain music analysis.

So how can musical transculturation be analysed? Why should it be analysed? And it matters, then how can such a specialised analysis reach and become meaningful to a wider public, beyond a small community of cognoscenti? To answer those questions in a short space of time, I offer a few bite-size case studies. From Gluck through Liszt to Stravinsky, these examples focus on the representation of ‘barbarism’ and the concomitant emergence of new aesthetics and techniques of minimalism in the long Nineteenth Century.

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PRESENTAZIONE SYMPOSIUM E RASSEGNA MUSICALE

Symposium: Liszt compositore transculturale
13-14 dicembre 2024, Istituto Liszt Bologna

Quando Liszt era ancora in vita già si discuteva del potere della sua musica di incrociare le culture. Il suo background internazionale ungherese-tedesco-francese, la sua vita concertistica svolta ovunque gli capitasse di vivere, i viaggi incessanti negli anni ’30 e ’40 dell’Ottocento nella maggior parte dei paesi europei e nella Turchia occidentale, le sue rappresentazioni musicali di culture e luoghi, tutto questo ha contribuito a creare la nota immagine di Liszt multiculturale e cosmopolita. Ma le convenzionali impostazioni nazionaliste ed esoticiste hanno tradizionalmente ritratto Liszt come celebratore di glorie nazionali o tuttalpiù come osservatore di culture straniere dall’esterno, come se fosse un turista. All’inizio del ventunesimo secolo, le prospettive transculturali stanno finalmente facendo il loro ingresso negli studi di Liszt, consentendoci di porre nuove domande critiche sulle etichette etniche e sulla fluidità delle culture e delle identità.

Queste due giornate di studio riuniscono quattro studiosi e diversi ensemble di musicisti allo scopo di riflettere e anche di celebrare questo ricco aspetto del mondo musicale transculturale di Liszt. Venerdì 13 dicembre, il primo giorno, Shay Loya aprirà il simposio con un’ampia presentazione del concetto di transculturazione, della sua rilevanza nella musica di Liszt e sulle prospettive analitiche che in questo modo si aprono in campo musicale. Eva-Maria de Oliveira Pinto discuterà di alcune idee sorprendentemente attuali presenti nel molto criticato libro di Liszt Sui Giypsies e la loro musica in Ungheria (1859): trasmissione, conservazione, “patrimonio immateriale” (un termine UNESCO) e il ruolo della transculturazione nella conservazione culturale. Seguirà la relazione di Nicolas Dufutel sulla cosiddetta Rapsodia Rumena di Liszt allo scopo di indagare sulle modalità di interscambio culturale all’epoca di Liszt e nei luoghi geografici da lui frequentati, ponendo l’accento su come la musica riesca a sfidare le rigide etichette e gli ideologici confini nazionali ed etnici. L’ultimo intervento di Tiago de Oliveira Pinto ci porta molto lontano e all’interno di un’idea diversa di transculturazione: quella di trascendere le definizioni etniche attraverso connessioni sovranazionali tra diverse forme d’arte. Questo intervento si concentra sul modo in cui Liszt trasferisce in musica il dipinto di Santa Cecilia di Raffaello e su cosa accade nel corso di questo procedimento.

Gli intrecci fra musica popolare, da concerto e sacra discussi in questa prima giornata vengono opportunamente introdotti da un’esibizione che si svolge la sera precedente da parte dell’ Orchestra da Camera OYO (Our Youth Orchestra) e dell’Icarus Ensemble, con musiche ispirate ai temi del sacro e del popolare di Béla Bartók, Alberto Caprioli, Francesco Filidei, Vahid Eftekhar Hosseini, Franz Liszt, Massimiliano Messieri, Riccardo Nova e Luigi Sammarchi: Proiezioni sacre e popolari, Teatro San Leonardo, giovedì 12 dicembre, ore 19.30.

Il secondo giorno del simposio (sabato 14 dicembre) sempre all’Istituto Liszt si svolge una tavola rotonda alle ore 10 nella quale il nostro team di esperti si confronterà con altri musicologi, con alcuni dei musicisti coinvolti nei due concerti ed esaminerà in modo più approfondito temi e questioni emersi dai loro interventi, in un dialogo aperto alla partecipazione del pubblico. Nel pomeriggio dello stesso giorno alle 17.30 il simposio si sposta al Goethe Zentrum per il concerto conclusivo intitolato “Liszt visionario: nuove espressioni tra diaspora e imperi” dove Igor Polesitski (violino/viola), Jeffrey Thickman (pianoforte), Jamal Ouassini (violino), Vangelis Mercouris (liuto e voce) e la Klezmerata fiorentina presentano Liszt in relazione alla musica ottomana, gitana e klezmer.

Ci auguriamo che questo programma di conferenze e concerti desti il vostro interesse tanto quanto a noi, e non vediamo l’ora di incontrarvi.

Shay Loya

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Symposium: Liszt as a transcultural composer
13-14 December 2024, Istituto Liszt Bologna

The idea of Liszt and his music crossing cultures was discussed already in the composer’s lifetime. His Hungarian-German-French cultural background, cultivation of local concert life wherever he happened to live, relentless travelling in the 1830s and 40s across most European countries as well as Western Turkey, and his musical representation of these cultures and locales, have all inspired this multicultural and cosmopolitan image. However, nationalist and exoticist perspectives have traditionally portrayed Liszt as celebrating different nations or else looking at foreign cultures from the outside, much like a tourist. In the early twenty-first century, transcultural perspectives are finally making their way to Liszt studies, allowing us to pose new critical questions about ethnic labels and the fluidity of cultures and identities.

The two-day symposium brings together four academics and several performing ensembles to ponder and celebrate this rich aspect of Liszt’s transcultural musical world. On Friday 12 December, the first day, Shay Loya will open the symposium with a wide presentation of the concept of transculturation, its relevance to Liszt’s music and the prospects for music analysis in this field. Eva-Maria de Oliveira Pinto will discuss some surprisingly contemporary ideas found in Liszt’s much-criticised book On the Gypsies and their Music in Hungary (1859): transmission, preservation, ‘intangible heritage’ (a UNESCO term), and the role of transculturation in cultural preservation. This will be followed by Nicolas Dufutel’s case study of Liszt’s so-called Romanian Rhapsody which will query what transcultural composition in that time and place in history may actually sound like, and how the sounding music defies strict national-ethnic labels and boundaries. The final paper by Tiago de Oliveira Pinto takes us quite far into a different idea of transculturation, that of transcending ethnic definitions through supranational connections between different artforms. This paper focuses on Liszt’s way of communicating Raffaello’s painting of St. Cecilia, and what happens in the process of this transfer.

The mixing of folk, concert and sacred music discussed on this first day leads appropriately to an evening performance by the String Chamber Orchestra OYO (Our Youth Orchestra) and the Icarus Ensemble, featuring sacred and popular music by Béla Bartók, Alberto Caprioli, Francesco Filidei, Vahid Eftekhar Hosseini, Franz Liszt, Massimiliano Messieri, Riccardo Nova and Luigi Sammarchi. Note the title and venue: Proiezioni sacre e popolari, Teatro San Leonardo, 7.30 pm.

The second day of the symposium (Saturday, 14 December) returns to the Istituto Liszt with a roundtable discussion at 11 am, where our team of experts will exchange and examine themes and issues that came out of their talks in more detail, and this will also be open to audience participation. On the afternoon of the same day at 5.30 pm the symposium moves to the Goethe Zentrum for the concluding concert, amply titled ‘Liszt the Visionary: New Expressions between Diaspora and Empires’ (Liszt visionario: nuove espressioni fra le diaspore e gli imperi), where Igor Polesitski (violin/viola), Jeffrey Thickman (piano), Jamal Ouassini (violin), Vangelis Mercouris (lute and voice), & Klezmerata fiorentina present Liszt in connection with Ottoman music and Klezmer.

We hope you will find this programme of talks and concerts as exciting as we do, and look forward to seeing you there.

Shay Loya

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SYMPOSIUM INTERNAZIONALE
LISZT MUSICISTA TRANSCULTURALE
LISZT AS A TRANSCULTURAL COMPOSER

Giornate di studio 13-14 Dicembre 2024

Fondazione Istituto Liszt
via Augusto Righi 30, Bologna

evento collegato alla Rassegna musicale Liszt, musicista nel futuro

Lingue ufficiali: italiano e inglese

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Sabato 14 dicembre 2024

LISZT VISIONARIO: NUOVE ESPRESSIONI FRA LE DIASPORE E GLI IMPERI

Rassegna musicale Liszt, musicista nel futuro
una coproduzione di Fondazione Istituto Liszt, Associazione MASK
(eventi collegati al Symposium internazionale Liszt musicista transculturale) Rassegna musicale
Liszt, musicista nel futuro
una coproduzione di Fondazione Istituto Liszt, Associazione MASK

Sabato 14 dicembre 2024, ore 17.30
Goethe Zentrum
via de’ Marchi 4, Bologna

In collaborazione con
Goethe Zentrum Bologna
e Comune di Bologna, città Unesco per la Cultura

Igor Polesitski, violino e viola
Jeffrey Thickman, pianoforte
Jamal Ouassini, violino
Vangelis Merkouris, liuto e voce

e Klezmerata fiorentina
Igor Polesitsky, violino
Francesco Furlanich, fisarmonica
Riccardo Donati, contrabbasso

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Giovedì 12 dicembre 2024

PROIEZIONI SACRE E POPOLARI

Rassegna musicale Liszt, musicista nel futuro
una coproduzione di Fondazione Istituto Liszt, Associazione MASK

eventi collegati al Symposium internazionale Liszt musicista transculturale

Giovedì 12 dicembre 2024 – ore 19.30
Centro di Ricerca Musicale / Teatro San Leonardo
via San Vitale 63

Concerto in collaborazione con
AngelicA | Centro di Ricerca Musicale, Icarus Ensemble,
Comune di Bologna, Città Unesco per la Cultura

OYO – Our Youth Orchestra (Cesena) + Icarus Ensemble (Reggio Emilia)

Collegamento al sito di Angelica per informazioni su biglietti e prevendita

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Domenica 23 febbraio 2025

ANGELI E DEMONI

XXVIII STAGIONE 2024-2025
Domenica 23 febbraio 2025, ore 17
Istituto Liszt, via A. Righi, 30

Maria Gabriella Mariani, pianoforte

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