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Il viaggio compiuto da Franz Liszt e dalla sua compagna Marie d’Agoult in Svizzera e Italia tra il 1835 e il 1839 fu molto più di una fuga d’amore tra una nobildonna sposata e un musicista di sei anni più giovane o un pretesto professionale per inseguire nuovi successi: fu un’esperienza sentimentale e intellettuale figlia dello spirito del tempo.
Nel 1838 Franz e Marie viaggiano in Italia tra Milano, Venezia, Genova, Bologna, Roma e proprio a Bologna Liszt avrà modo di ritrovare Rossini i di condividere con lui due brevi intensi soggiorni. In questi anni di viaggio italiano Liszt incarna lo spirito del viaggiatore, anzi del “pellegrino” romantico, come Byron aveva mostrato raccontando del peregrinare del giovane Aroldo.
Il viaggiatore romantico, e Liszt non di meno, aveva con sé certo un utile baedeker, ma non dimenticava la lettura di Byron, Chateaubriand, Lamartine, Goethe, Schiller, Hugo, Senancour, Heine… e soprattutto di Dante, il viaggiatore dell’anima per eccellenza.
Il viaggio compiuto tra il 1835 e il 1839 in Svizzera e in Italia da Franz Liszt e dalla sua compagna Marie d’Agoult, e i rapporti del giovane musicista con Gioacchino Rossini, che in questo viaggio in Italia e per tutta la sua vita sarà per Liszt una presenza artistica e umana costante, sono al centro della nostra narrazione. Il viaggio di Liszt e di Marie nasce certamente da motivi contingenti molto stringenti: nella primavera del 1835 Marie è incinta di Blandine, la prima dei tre figli della coppia, e si cerca di fuggire lo scandalo e il clamore della relazione tra due persone di una così diversa estrazione sociale, una nobildonna sposata e un musicista più giovane di lei di sei anni. Questo viaggio però, nel particolare itinerario compiuto dalla coppia tra Svizzera e Italia, fu certo molto di più di una semplice fuga d’amore o di un pretesto professionale per inseguire nuovi successi: fu una esperienza sentimentale e intellettuale figlia dello spirito del tempo, un rimedio per lenire le irrequietezze e i dolori causati dal mal di vivere, quello che veniva chiamato il mal du siècle.
Negli ultimi anni dell’impero napoleonico il tour europeo aveva perso molte delle sua attrattive, e forse anche un poco di fascino: si poteva viaggiare da Parigi a Roma praticamente senza passare frontiere. Con la Restaurazione rinasce però – almeno in parte – lo spirito ancien règime del grand tour, il tradizionale viaggio di istruzione in Italia, appannaggio soprattutto degli appartenenti alle classi dominanti. A questa idea di viaggio, nel Romanticismo se ne sovrappone un’altra che si era andata formando proprio nei turbinosi anni del primo Ottocento e in cui la meta del viaggio è soprattutto di natura spirituale.
La Svizzera, il paese della Sehnsucht e dei richiami dei madriani (i Ranz des vaches), dei sublimi paesaggi e delle vette inaccessibili diviene la prima tappa. Nel 1838 Liszt con Marie viaggiano in Italia tra Milano, Venezia, Genova, Bologna. E proprio a Bologna Franz avrà modo di ritrovare Rossini e di condividere con lui due brevi ma intensi soggiorni. In quegli anni di viaggio italiano Liszt incarna quindi lo spirito del viaggiatore, anzi del “pellegrino” romantico: il tedesco non viaggia (reist da reisen) ma vaga (wandert da wanderen, coi tanti riferimenti nella musica, da Schubert a Wagner). Anche il francese non viaggia (voyage da voyager) ma va in pellegrinaggio (pèlerinage), come anche Byron (a cui Liszt si ispira) aveva mostrato raccontando del giovane Aroldo. Liszt, tra un concerto e l’altro, sembra seguire le tracce di Byron e della compagna Teresa Guiccioli tra Svizzera, Venezia, Bologna, Ravenna, Pisa, San Rossore: il viandante è l’esiliato, lo spirito inquieto e libero, in fuga dalle convenzioni oppressive della propria società e disposto a sfidare i limiti imposti da Dio e dalla natura. Il viaggio alla ricerca dell’agognata pace, della ricomposizione dei dissidi riesce però romanticamente a portare sollievo solo nell’eroicità della sconfitta e nella morte, non infrequentemente cercata e raggiunta con le proprie mani, una dimensione, anche e forse soprattutto estetica, in cui il viaggio in sé è più importante della meta.
Ogni tipo di viaggiatore quindi creava il proprio tour, d’istruzione o dello spirito, e ogni viaggiatore aveva la sua letteratura. Gli eredi del grand tour possono contare su numerose guide: in Francia potevano essere i cinque volumi dei Voyages historiques et littéraires del bibliotecario reale Antoine Claude Pasquin Valery; in Italia si viaggiava con le guide di Vallardi; in Germania con quelle di Karl Baedecker, pubblicate a Coblenza, con grande successo, dal 1836. Ai loro personali Baedecker (in Italia Liszt utilizzò sicuramente il Valery), i viaggiatori romantici non potevano non unire anche la lettura di Byron, Chateaubriand, Lamartine, Goethe, Schiller, Hugo, Senancour, Heine (tutti autori ben conosciuti da Liszt, voracissimo lettore) e di Dante, il viaggiatore dell’anima per eccellenza (letto spesso in traduzioni o sunti in prosa): una biblioteca di pochi volumi preferiti da tenere con sé come compagni di viaggio.