Archivio di 2024

4 – Il giovane Liszt a Parigi

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Affiche del primo concerto di pianoforte dato da Liszt a Parigi, 7 marzo 1824
Affiche dell’opera Don Sanche ou Le chateau d’amour, 17 ottobre 1825

Franz Liszt, Autografo dal Don Sanche, 1825
Hippolyte Lecomte, Bozzetto dei costumi del Don Sanche, 1825

François de Villain, Ritratto di Franz Liszt al pianoforte, 1824, litografia da un disegno di
Auguste-Xavier Leprince (1799-1826)
Maurice Dudevant Sand, George Sand ascolta Liszt al pianoforte,
«Maman bien étonnée d’entendre Liszt», 1837
Franz Liszt, Sept variations brillantes sur un thème de Rossini, Parigi, 1824

Liszt approda a Parigi e ritrova Rossini. Prosegue gli studi musicali con Ferdinando Paer che lo indirizza verso il suo genere musicale: l’opera. Così Franz a 14 anni compone il Don Sanche ou Le chateau d’amour, un’opera di magia alla viennese (Zauberspiel) con cavalieri e maghi. L’accoglienza è buona, ma la strada di Liszt era quella del pianoforte, non del teatro. Si rivela subito, anche se giovanissimo, come un didatta molto richiesto. Il rapporto con Rossini è intenso: nel 1824 scrive le Sept variations brillantes sur un thème de Rossini e l’Impromptu brillant sur des thèmes de Rossini et Spontini. Alla morte del padre il giovane Liszt vive un momento di crisi spirituale, e si volge verso il misticismo e la meditazione religiosa, pensando addirittura di farsi sacerdote.
I contatti avuti coi salotti parigini, fervidi di cultura, di dibattiti artistici e politici, l’incontro con Paganini in un concerto nel 1831 al quale era presente Rossini, l’amicizia con Berlioz, Chopin, Delacroix, Hugo, Lamartine, George Sand, Heine, Bellini allargano i suoi orizzonti. Politicamente, allo scoppiare dei moti del ’30 troviamo il giovane Franz assertore di principi rivoluzionari ed entusiastico ammiratore del
“socialismo cristiano” di Saint-Simon e Lamennais. E nel mentre si ampliano anche i suoi orizzonti sentimentali…


Anonimo di Scuola italiana, Ritratto di Ferdinando Paer
(1771-1839), Bibliothèque Paul-Marmottan, Ville de Boulogne-Billancourt, Académie des Beaux-Arts, Francia.

Parigi era stata scelta da Adam Liszt – forse su suggerimento di Rossini – come meta per il compimento della formazione musicale di Franz, ma da questo punto di vista la scelta si dimostrò infelice, poiché Cherubini, allora direttore del Conservatorio, non poté accoglierlo come allievo, a causa di norme burocratiche che vietavano l’accesso agli stranieri. Adam si rivolse allora a Ferdinando Paër, che avviò il ragazzo alla composizione nel genere a lui stesso più congeniale, il teatro d’opera. Fu così che Franz, all’età di 14 anni, compose il Don Sanche ou Le chateau d’Amour, un’opera di magia, uno Zauberspiel alla viennese, completo di maghi e cavalieri buoni e cattivi su libretto francese di Théaulon de Rancé. Sotto la direzione di Rudolf Kreutzer, e con il tenore Adolphe Nourrit come star, l’opera ottenne un buon successo, ma rimase tuttavia l’unica composizione di Liszt in questo genere. L’insegnamento di Antonin Reicha, che List frequentò a partire dal 1826, lasciò invece tracce più durature sulla sua carriera di compositore. Negli anni dell’adolescenza e della prima giovinezza trascorsi a Parigi Franz Liszt fu riconosciuto come pianista dotato di tecnica sorprendente, inarrivabile, e di una propensione alla didattica straordinaria per la sua età, una fama che gli garantì presto successi artistici ed economici. Tuttavia, in apparente stridente contrasto con la piena affermazione sul piano artistico, ma forse a causa della prematura morte del padre, subentra in lui una prima fase di intenso misticismo e di meditazione religiosa tradottasi, a circa 18 anni, nel desiderio di prendere i voti, opportunamente e saggiamente “frenato” dalla madre, Maria Anna Lager.

Louis Eugene Coedes (1810-1906), Ritratto di Rodolphe Kreutzer,
Olio su tela, 1828. Parigi, Musée de la musique

Dopo il primo incontro viennese, la presenza di Rossini si palesa in vari modi nella vita di Liszt a Parigi, e specialmente nelle sue prime composizioni, che provengono proprio da opere del Pesarese: Sept variations brillantes sur un thème de Rossini, scritte nel 1824 e tratte da temi dell’opera Ermione; Impromptu brillant sur des thèmes de Rossini et Spontini, anche questo scritto alla tenera età di 13 anni. I contatti avuti nei salotti parigini, fervidi di cultura e di dibattiti artistici, l’incontro con Paganini (nel marzo 1831, durante un concerto al quale era presente anche Rossini), l’amicizia con Berlioz, Chopin, Delacroix, Hugo, Lamartine, George Sand, Heine e Bellini contribuiscono ad allargare i suoi orizzonti di pensiero e ad affinare la sua sensibilità. Il Guglielmo Tell di Rossini e I Puritani di Bellini sono per Liszt fonti d’ispirazione, sia per la ricchezza del materiale tematico, sia per lo spirito libertario che informa queste opere.



Pierre Petit, Hector Berlioz, 1863

Specialmente il duetto dei Puritani «Suoni la tromba e intrepido» su parole del bolognese Carlo Pepoli diventa per Liszt una sorta di “biglietto da visita”, di autopresentazione in quasi tutte le sue esibizioni pubbliche degli anni Trenta. Paganini fu per Liszt un modello fondamentale nello sviluppo del suo stile pianistico e nella scienza della variazione, ed egli fu per Paganini – che non lasciò dietro di sé dei reali successori sul suo strumento – l’unico erede. Lo scoppiare dei moti del 1830 vide Liszt politicamente impegnato, convinto assertore dei principi rivoluzionari ed entusiastico ammiratore del “socialismo cristiano” di Saint-Simon e Lamennais, di quest’ultimo divenne amico e confidente. Nell’intensa vita di scambi intellettuali fra i teatri e i salotti parigini e la quiete dell’accogliente villa di George Sand a Nohant, nella regione del Berry, s’inseriscono numerosi rapporti sentimentali con signore dell’alta società, tutti intensamente vissuti, ma naufragati in breve tempo. Forse una traccia di questi amori è rimasta nell’opera del 1834 intitolata Trois Apparitions, tre brani dedicati rispettivamente alla duchessa di Rauzan, alla contessa Frédéric de Larochefoucauld, e alla marchesa di Caraman.


PlayLiszt/PlayRossini

F. Liszt, Ouverture di Don Sanche, ou Le château de l’amour, opera in un atto su
 libretto di  Théaulon e de Rancé, basato su una storia di Jean-Pierre Claris de Florian
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5 – Musica e politica italiana nei salotti parigini

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Anonimo, Ritratto di Giuseppe Mazzini, acquatinta da dagherrotipo, s.d.
Josef Danhauser (1805-1845), Liszt suona in un salotto parigino un pianoforte di Cornrad Graf, 1840. Nel quadro sono raffigurati: Alexandre Dumas padre, George Sand, Marie d’Agoult; in piedi Victor Hugo, Niccolò Paganini, Gioachino Rossini. Alla parete un ritratto di Byron. Sul pianoforte il busto di Beethoven di Anton Dietrich
Anonimo, Giulia Grisi e il tenore Mario ne “I Puritani” di Bellini, s.d.
Anonimo, Giulia Grisi e Luigi Lablache ne “I Puritani di Bellini”, s.d.

Anonimo, Il conte Carlo Pepoli, s.d.

La politica a Parigi agiva fervidamente anche nei caffè e nei salotti. Molti cantanti del Théatre Italien, attirati da Rossini dopo il suo arrivo nel 1823, erano legati a Mazzini come la soprano Giulia Grisi e il marito, il tenore Mario; il basso Luigi Lablache e il baritono Antonio Tamburini. Il legame tra i cantanti d’opera e il mondo aristocratico e letterario e artistico parigino dei salotti si strinse anche attraverso la mediazione di Carlo Pepoli. L’alleanza tra poesia e musica nel teatro d’opera in favore di idee politiche si rafforza anche nel genere tipicamente italiano della “canzone”, come le Soirées musicales di Rossini e le Soirées italiennes di Mercadante su testo di Pepoli. Tra i nomi delle più famose salonnières nella Parigi di Franz Liszt e di Giochino Rossini troviamo la famosa M.me Recamier, la principessa Belgiojoso e, naturalmente, George Sand e Marie D’Agoult, che nella sua attività di intellettuale, scrittrice e storica, condotta in seguito con il nom de plume di Daniel Stern (dal nome dell’ultimo figlio avuto con Franz Liszt), fu amica affettuose di Giuseppe Mazzini.


Mathilde Odier, Ritratto di George Sand e Marie d’Agoult, 22 novembre 1837. Acquerello, Parigi, Biblioteca dell’Institut de France

Oltre che foriera di eventi pubblici come battaglie, dichiarazioni ufficiali ecc. la politica a Parigi agiva fervidamente anche nei caffè e nei salotti. Molti cantanti del Théatre Italien, attirati da Rossini dopo il suo arrivo nel 1823 erano legati a Mazzini: fra questi Iulia Grisi e suo marito il tenore Mario, il basso Luigi Lablache e il baritono Antonio Tamburini. I patrioti Antonio e Giovanni Ruffini – legati a Donizetti attraverso il libretto del Don Pasquale – erano stati compagni di scuola di Mazzini. Il legame fra il mondo dei cantanti d’opera e gli aristocratici parigini che frequentavano i salotti si strinse attraverso la mediazione del conte Carlo Pepoli, librettista de I Puritani. Egli ebbe forte influsso anche sui compositori d’opera, poiché pretendeva che le parole fossero bene comprese e dunque criticava fortemente gli abbellimenti che le nascondevano in favore dell’esibizione belcantistica. Fatalmente questo atteggiamento veniva a riflettersi anche nelle trascrizioni pianistiche: benché le parole non fossero più udibili, la musica doveva cercare di “imitare” il loro significato attraverso la sottolineatura dell’enfasi melodica.


Henri Lehmann (1814-1882), Ritratto di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, 1843

Questa alleanza fra poesia e musica nel teatro d’opera in favore di idee politiche si rafforza nel genere minore e tipicamente italiano della “canzone”, e specialmente in due collane che ebbero subito un enorme successo: le Soirées musicales di Rossini su testi di Metastasio e Pepoli (1835), ed ancora di più, le più decisamente connotate Soirées italiennes di Mercadante, tutte su testi di Pepoli (1836), entrambe puntualmente trasferite sul pianoforte da Liszt. I numerosi “quadretti” delle canzoni, nella loro diversità – La Pastorella delle Alpi, La gita in gondola, I marinari di Rossini; Il pastore svizzero, La pesca, La caccia, La serenata del marinaio di Mercadante – per la ricchezza e la diversità dell’humus popolaresco di cui apparivano permeate, prefiguravano una sorta di “primato” degli italiani, che poco dopo venne teorizzato da Vincenzo Gioberti. Certi quadretti di vita tipicamente italiana confluiscono anche nei romanzi come, ad esempio, in Corinne di M.me de Staël. La principessa Cristina di Belgiojoso è figura prominente in questa società, anche se lei stessa nelle sue Memorie dall’esilio (1850) non cita il suo salotto, bensì quello di Madame Recamier.

Théodore Chassériau,
Ritratto di Marie d‘Agoult, 1841.
Parigi, Museo del Louvre

Ancora più prolifica è la contessa Merlin che pubblica il suo roman à clef nel 1845 in 4 volumi: Les lionnes de Paris. Le romanze da salotto nate per il piacere di pochi amici che ne comprendevano i significati più nascosti, vennero diffuse attraverso la stampa e diedero origine a dei veri e propri temi-preferiti: nostalgia per il paese abbandonato; lamento del marinaio lontano da casa, lamento del pellegrino in viaggio lontano da casa, lamenti di donne/uomini morenti. Spesso lo stesso testo veniva musicato da diversi musicisti. Spesso le eroine delle canzoni, come quelle dell’opera, erano fanciulle pure, ma sforzate contro la loro volontà a matrimoni di interesse, non di rado derivati da intrighi politici o da discendenze familiari. Questi temi, tuttavia non stimolano movimenti femministi di emancipazione femminile,­­ in quanto non hanno tratti realistici e possono essere capiti nella loro forza progressista soltanto dalla ristretta cerchia dei visitatori dei salotti.


Vincenzo Bellini, Suoni la tromba, e intrepido da I Puritani, opera seria in tre atti di Vincenzo Bellini su libretto di Carlo Pepoli, tratto dal dramma storico di Jacques-François Ancelot e Joseph Xavier Boniface Têtes rondes et Cavaliers

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6 – Verso l’Italia

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Auguste Charpentier (1813-1880), Ritratto di George Sand,1838
Auguste Charpentier,
Ventaglio con le caricature di George Sand e amici a Nohant, 1838, col Liszt, Delacroix, George Sand, Chopin, Calamatta, Maurice e Solange Sand, Arago e altri.
Franz Liszt,
Sur l’état de la musique en Italie, Lettre d’un bachelier és-musique à un Poète Voyageur, Revue et Gazette Musicale de Paris, 12 febbraio 1837
Théodore Chasseriau (1819-1856),
Ritratto di Alphonse de Lamartine, 1844

Nohant, La casa George Sand

Il primo maggio 1837 Liszt lascia nuovamente Parigi con Marie d’Agoult e si reca prima a Nohant presso George Sand, indi a Lione dove entrambi rimangono colpiti dalla misera condizione degli operai dei setifici lionesi. Come terza tappa prima di prendere la via verso l’Italia, vanno a visitare Lamartine. Nel breve incontro si rinsaldano antichi legami d’amicizia, e si scambiano opinioni sul ruolo sociale dell’artista. In una delle Lettres d’un bachelier, che costituiscono una sorta di diario di viaggio, Liszt scrive:

Castello di Saint-Point, Residenza di Alphonse de Lamartine


[…] Saint-Point è un delizioso luogo di soggiorno dove Lamartine si dedica attivamente al compimento dei doveri della vita dipartimentale, cosi com’è stata tracciata dai nostri costumi parlamentari; causa questa di grande sorpresa per l’uomo comune, il quale si figura i poeti e gli artisti come esseri al di fuori della realtà, che si nutrono solo di chimere, assopiti come Brahma in una tenebra luminosa. Lamartine giurato, Lamartine membro del consiglio generale, Lamartine deputato è per molti un’anomalia, un problema; queste brave persone sono rimaste ancora a Pegaso e all’Elicona e non si rendono conto che nella civiltà moderna il poeta e l’artista non sono più dei gloriosi “paria” che il loro genio separa dal resto dell’umanità, ma, al contrario, degli uomini che vivono la vita di tutti amando, soffrendo e lavorando in comunione con quelli che amano, soffrono e lavorano […]


Veduta del lago di Ginevra e del Monte Bianco dalla foresta di Nyon, Francia 1836. Incisione tratta da «The Waldenses, or Protestant valleys of Piedmont, Dauphiny and the Ban de la Roche» di William Bartlett, 1838

Dopo il breve soggiorno presso Lamartine, la coppia si dirige a Ginevra, dove l’anno precedente era nata la loro prima figlia Blandine, e seguendo un romantico itinerario attraverso le Alpi scendono a Milano «sotto i più gioiosi auspici». L’inizio del “viaggio in Italia” viene infatti ricordato da Liszt con la descrizione del vetturino che li conduce nel paese «dove fioriscono i limoni»:

Squisitamente gentile con “le nostre eccellenze,” sempre cantando, sorridente e pronto ad apostrofare le “maledette mosche” o le belle ragazze, mimo perfetto, ciarlatano consumato, Salvatore Ballatella è l’ideale dei vetturini. Possa la rugiada del cielo posarsi sul fieno con cui egli nutrisce i suoi robusti corsieri!

Giuseppe Bisi (1787-1869), Veduta di Bellagio

A Milano l’accoglienza dell’editore Ricordi non fa che confermare l’auspicio propizio e nella capitale musicale d’Italia – dove l’intensa vita teatrale, una certa eleganza e un grande passato facevano quasi dimenticare il dominio poliziesco degli Asburgo – Liszt e Marie trascorrono parte dell’estate. In questo periodo estivi l’attività dei teatri è più limitata e la vita intellettuale e musicale si rifugia nei salotti. Qui ritrova i vecchi amici di Parigi, primo fra tutti Rossini che spesso incontra nell’accogliente palazzo di Cristina di Belgiojoso. Ma già verso la fine d’agosto l’ormai palese seconda gravidanza di Marie consiglia un soggiorno più tranquillo, ed essi si stabiliscono a Bellagio, poi a Como, dove il 25 dicembre 1837 nasce la loro seconda figlia, Cosima. Il soggiorno è assai piacevole, la felicità “quasi coniugale” pare senz’ombra, ma è forse proprio questo pacificante senso di domesticità che turba l’artista. Nelle lettere, e soprattutto in quelle alla madre e a Lamennais, si comincia ad avvertire un senso di inquietudine; Liszt pare tormentato dal rimorso di spendere i suoi giorni in maniera cosi “egoistica,” o forse è il suo istinto di «vagabondo infaticabile» – come lo chiamava Berlioz – a spingerlo di nuovo per le vie del mondo, o ancora è possibile che la stagione dell’amore fosse già prossima al declino: di tutte queste possibili cause capaci di motivare la ripresa dell’attività concertistica, quella che egli ci dà nella quinta delle Lettres d’un bachelier è pero sicuramente la più divertente:

Luigi Calamatta
(1802–1869),
Ritratto di Franz Liszt, 1837, matita e acquerello

[…] l’amico Ricordi, desideroso di vendere le mie composizioni di cui sono piene le sue vetrine, annuncia alla felice Italia ignara di questa fortuna, ch’essa ospita con la mia persona il primo pianista del mondo senza rivali nel genere “fantastico ed ispirato. […]

Fratelli Stucchi, Album topografico pittorico del Lago di Como, 1838
Paul Guérin (1783-1855), Ritratto di Félicité de Lamennais, 1826
Anonimo,
Giovanni Ricordi, s.d.
Franz Liszt, Trois Airs Suisses, frontespizio, 1835-36
Giuseppe Bisi (1787-1869),
Villa Olmo a Como, 1838
Franz Liszt, Trois morceaux suisses, S156a 

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7 – La musica degli anni di pellegrinaggio

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Franz Liszt, Une Phantasie quasi Sonate aprés une lecture de Dante
Franz Liszt, Album d’un voyageur, Prèmiere année, Suisse,
Vienna Tobias Haslinger, 1842
Franz Liszt,
Études d’execution trascendante après Paganini, 1838
Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780-1869), Ritratto di
Nicolò Paganini, 1819
Franz Liszt,
Angiolin dal biondo crin, Manoscritto, 1839

Da un punto di vista strettamente biografico gli “anni di pellegrinaggio” di Liszt vanno dalla nascita alla morte dal momento che lui stesso definì la sua vita “…un lungo errare del sentimento d’amore”.
In un senso più legato alla sua stagione dei viaggi europei, gli “anni di pellegrinaggio” si collocano fra la partenza da Parigi con Marie nella primavera del 1835 e l’insediamento a Weimar circa dieci anni dopo con Carolyne zu Sayn-Wittgenstein.
I brani nati durante il viaggio in Svizzera e rapsodicamente composti negli anni successivi confluiscono prima nell’Album d’un voyager e quindi, in parte rimaneggiati, andranno a formare il primo volume delle Années de Pèlerinage: le fonti d’ispirazione sono impressioni della natura o luoghi caratteristici, la musica nasce dall’immagine interiore del musicista. Del secondo volume delle Années, Italie, andranno a far parte due brani scritti in Italia e legati all’arte: Sposalizio, ispirato dallo Sposalizio della Vergine di Raffaello di Brera, e il Penseroso, dal Michelangelo di San Lorenzo in Firenze. Nell’ambito del repertorio legato all’opera, si ritrovano l’Hexaméron (variazioni su Suoni la tromba e intrepido da I Puritani di Bellini) e le Réminiscences des Puritains de Bellini e nell’ambito degli studi la prima versione degli Études d’exécution transcendante d’après Paganini. Il procedere di Liszt verso una scrittura pianistica non più legata a una forma precostituita e di personale forte fisionomia si configura in Italia nelle prime fasi dell’elaborazione della sua Sonata Dante.

Tutto il repertorio, che ha dimensioni davvero impressionanti se si pensa al complesso intrecciarsi di vita intima e di vita mondana che Liszt condusse in questi due anni, venne poi ripreso e profondamente rimaneggiato negli anni del più intenso concertismo e specialmente durante il successivo soggiorno a Weimar.
Ciò che colpisce immediatamente in questo repertorio è la scarsa presenza del genere tanto amato negli anni precedenti e più spesso eseguito durante questi anni: le variazioni, parafrasi, fantasie sui temi d’opera di altri autori si riducono a due soli pezzi.

Liszt, Thalberg, Pixis, Henri Herz, Czerny, Chopin,
Hexaméron, Morceau de Concert, Grandes Variations Brillantes sur la Marche des Puritains de Bellini, Composée pour le Concert de Mme la Princesse Belgiojoso, prima esecuzione, Parigi, 31 marzo 1837, Vienna, Tobias Haslinger, 1839

Al primo periodo milanese, risalgono le variazioni dell’Hexaméron (anche queste, come le più celebri pagine sul duetto de I Puritani, dedicate alla principessa Cristina di Belgiojoso) e le Réminiscences de Lucia de Lammermoor composte poco prima della partenza. Nell’ambito degli Studi, durante i viaggio in Italia nasce la versione intermedia, la più virtuosistica dei Douze Grandes Études e e la prima versione dei Six études d’exécution trascendante d’après Paganini. Entrambe le collane furono in seguito profondamente rimaneggiate, tuttavia come forma compositiva quella dello Studio non è fra le più rappresentative nel catalogo lisztiano, come invece si deve dire per Chopin. Benché anche gli Studi di Liszt si affranchino dagli obblighi di un utilizzo didattico nella scuola, tuttavia non emergono per caratteri originali, anche perché la presenza del modello paganiniano è predominante.

Cristina Trivulzio di Belgiojoso (1808-1871) raffigurata in una stampa dell’epoca a Milano durante Cinque Giornate, a capo di una mano di volontari.

I brani nati già durante il viaggio in Svizzera e rapsodicamente composti negli anni successivi, confluiscono prima nell’Album d’un voyageur, indi vengono, in parte, rimaneggiati e vanno a formare il primo volume delle Années de pelèrinage. Le fonti d’ispirazione sono impressioni della natura o luoghi per qualche ragione caratteristici, ma ciò che più colpisce è l’assenza di forme prestabilite: in questi brani la musica nasce direttamente dall’immagine interiore del musicista. Più legati al genere delle variazioni sono invece i brani su melodie caratteristiche, come, ma non solo, i Ranz des vaches e i Ranz des chèvres, che però non vengono ripresi nel primo volume delle Années de pèlerinage. Del secondo volume delle Années, Italie andranno invece a far parte due brani scritti durante il primo viaggio in Italia, Sposalizio e Il Penseroso, nati dall’emozione trasformata in musica di fronte a capolavori artistici del nostro paese.

Franz Liszt, Sposalizio, frontespizio dell’edizione B. Schott, Mainz n.d. (1858?), da Années de pèlerinage II, S.161

Con questi brani Liszt si lascia alle spalle lo stile compositivo degli anni precedenti e va decisamente ad imprimere una propria fisionomia artistica al brano pianistico: non più legato a un materiale precedente in forma di variazione, non più legato ad una forma precostituita. Lo stesso e con una maggior sottolineatura si deve dire della Sonata Dante, che in Italia vede soltanto le prime fasi della sua elaborazione e che – nonostante il titolo – si allontana decisamente dal modello classico della sonata, intraprendendo coraggiosamente un cammino già iniziato da Beethoven per il superamento degli schemi precedenti, come lascia capire il sotto-titolo: Sonata quasi una Fantasia.

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8 – Milano

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Fulvia Bisi (1818-1911), Convegno in casa Branca, 1838
Francesco Hayez (1791-1882)
, Clara Maffei, s.d.
Benoìt Charles Mitoire (1782-1832),
Ritratto di Yuliya Samoylova, 1825 ca.
Francesco Hayez, Ritratto di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, olio su tela, 1832

La Milano del 1837 è una città ricca di salotti frequentati dall’alta borghesia e dalla nobiltà, da letterati, artisti e uomini politici. I più famosi si tenevano in Casa Branca, in Casa Maffei e in Casa Ricordi oltre a quelli di Cristina Trivulzio di Belgiojoso (personaggio dalla vita avventurosa di grande profilo nel mondo culturale e artistico dell’epoca: Liszt e Rossini saranno in contatto con lei a Parigi e in Italia) e Giulia Samoyloff. Un quadro della paesaggista Fulvia Bisi ci dona uno spaccato della vitalità e ricchezza artistica dei salotti milanesi. Nel Convegno in Casa Branca si possono riconoscere Gaetano Donizetti al pianoforte con il contralto Giuseppina Grassini, Rossini in piedi che sembra battere il tempo e Cirilla Branca figlia della padrona di casa, pianista e compositrice che diverrà famosa come il Liszt delle pianiste lombarde. Fra gli ascoltatori ritroviamo Liszt, Thalberg, la famosissima cantante Giuditta Pasta e altri protagonisti della vita musicale milanese. Liszt frequentò soprattutto però Casa Rossini, e così scrisse in una delle Lettres «Rossini tornato a Milano… ha aperto la sua casa ai compatrioti… Circondato da uno sciame di giovani dilettanti, il maestro godeva a far studiare loro le sue più belle composizioni: appassionati e artisti, tutti si facevano un onore d’essere ammessi a questi concerti… saprete che ci sono poche città in Europa in cui la musica è tanto coltivata quanto lo è nella buona società milanese».

Francesco Hayez (1791–1882), 
Ritratto di Clara Maffei,
olio su tela, s.d.

Liszt arriva a Milano il 29 agosto 1837 e mentre Marie lo aspetta a Como, alloggia presso Abate in Via dell’Agnello 963, in una piccola strada dietro al Teatro La Scala.
Nei periodi in cui a Milano c’è anche Marie, stanno all’albergo La bella Venezia, nella piazzetta San Fedele, dietro Palazzo Marino, lo stesso dove presero alloggio Honoré de Balzac e Stendhal.
Il soggiorno milanese è caratterizzato da un’intensa partecipazione alle riunioni che si tenevano in alcuni salotti frequentati dall’alta borghesia e dalla nobiltà, da letterati, artisti e uomini politici.
I più famosi erano quelli organizzati in Casa Branca, in Casa Maffei e in Casa Ricordi, presso Cristina Trivulzio di Belgiojoso e presso Giulia Samoyloff, cui Liszt dedica la sua trascrizione delle Soirées rossiniane.

Piazza San Fedele, Milano, cartolina, 1930 ca.
A sinistra si può ancora vedere l’albergo
La bella Venezia dove usava alloggiare Liszt nei suoi soggiorni milanesi.

Un riferimento molto significativo alla vita di società dei salotti milanesi è il Convegno in casa Branca, opera pittorica di una giovane Fulvia Bisi, che sarà poi una affermata paesaggista, un quadro risalente molto probabilmente al 19 dicembre 1837, in cui si riconoscono: Gaetano Donizetti seduto al pianoforte con al suo fianco la cantante Giuseppina Grassini; Rossini in piedi che pare che batta il tempo mentre Cirilla Branca, figlia della padrona di casa, ha un atteggiamento da cantante. Fra gli ascoltatori si notano: Liszt, in piedi, che conversa con una signora, Sigismund Thalberg, Giuditta Pasta, e altri invitati che formano un coretto. Ma Liszt a Milano frequentò soprattutto casa Rossini, dove rinsaldò un’amicizia coltivata già da molti anni.

Anonimo, Interno del Teatro alla Scala dopo il restauro del 1830, s.d.
Andreas Staub (1806–1839),
Franz Schoberlechner, litografia, 1830 ca.
Alexandre-Menut Alophe,
Ferdinand Hiller, litografia 1830 ca.
Anonimo,
Ritratto di Carl Mozart, 1840 ca.
August Prinzhofer (1817–1885),
Ritratto di Henry-Louis-Stanislas Mortier de Fontaine, litografia, 1845
Josef Kriehuber (1800-1876),
Ritratto di Franz Liszt, litografia, 1838
August Kneisel (1782–1855),
Johann Peter Pixis, da un disegno di Cäcilie Brandt, s.d.
Anonimo,
Teatro alla Scala, 1835 ca.

Nel dicembre 1837 Liszt si esibisce in almeno due occasioni nel Ridotto della Scala, partecipando anche a una Grande Accademia insieme ai pianisti Hiller, Pixis, Schoberlechner, Mortier, Origgi. Venne anche eseguita la Sinfonia de Il flauto magico a sei mani e tre pianoforti che provocò le lacrime del figlio di Mozart, Carl, presente in sala.
Liszt si esibisce per la prima volta in Italia presentando brani dalle sue trascrizioni delle Soirées Musicales di Rossini, da opere italiane, il suo Studio trascendentale n. 11, Harmonies de soir e improvvisazioni su temi suggeriti dagli spettatori, anche con soggetti curiosi come “Il Duomo di Milano”, “Se sia meglio prendere moglie o restare scapoli” o “La strada ferrata tra Milano e Venezia”. Il pubblico riservò a Liszt un’accoglienza al di sopra delle sue stesse aspettative. Il 16 marzo 1838 Franz e Marie lasciano Milano per Venezia: Liszt tornerà per assistere all’Incoronazione dell’Imperatore Ferdinando I a Re del Lombardo Veneto il 6 settembre.

Alessandro Sanquirico (1777-1849),
Incoronazione di Ferdinando I d’Austria nel Duomo di Milano, tecnica mista su carta, 1835

Così si espresse Liszt nel suo scritto La Scala, tratto dalle Lettres d’un Bachelier ès-musique: «Rossini, tornato a Milano […] ha aperto la sua casa ai compatrioti, e per tutto l’inverno un gran numero di persone, che avevano fretta di rendere omaggio a una delle più grandi glorie d’Italia, ha riempito i suoi salotti. Circondato da uno sciame di giovani dilettanti, il maestro godeva a far studiare loro le sue più belle composizioni; appassionati e artisti, tutti si facevano un onore d’essere ammessi a questi concerti. […] saprete che ci sono poche città in Europa in cui la musica è tanto coltivata quanto lo è nella buona società milanese». Il 10 dicembre 1837 Liszt tiene nel Ridotto della Scala una Grande Accademia insieme a Ferdinand Hiller (1811-1885) e a Johann Peter Pixis (1788-1874): è questa la prima apparizione pubblica di Liszt in Italia. Nel suo primo concerto solistico nella Sala grande della Scala Liszt esegue brani dalla sua trascrizione delle Soirées musicales di Rossini, trascrizioni da opere italiane, uno dei suoi Studi trascendentali (n. 11 Harmonies du soir) e improvvisazioni su temi suggeriti dagli spettatori, e fra questi anche soggetti tratti dal mondo extra musicale, ad esempio: Il Duomo di Milano, Se sia meglio prendere moglie o restare scapolo, La strada ferrata fra Milano e Venezia; ecc. Di questi contatti con il pubblico milanese Liszt rimase molto soddisfatto, tanto che scrisse in una delle sue Lettres al giornale parigino: «Sarei ingrato se non aggiungessi qui che il pubblico di Milano è stato nei miei confronti di una benevolenza molto superiore alle mie aspettative e che le espressioni di soddisfazione di cui è stato prodigo sarebbero sufficienti a soddisfare un amor proprio più esigente del mio». Il 16 marzo 1838 Liszt e Marie lasciano Milano per recarsi a Venezia, dove arrivano il 20 marzo. Liszt, dopo la visita a Venezia e a Lugano, tornò a Milano il 29 agosto per assistere all’incoronazione dell’imperatore austriaco Ferdinando I a Re del Lombardo Veneto (6 settembre 1838). Vi prese parte tra il pubblico e lasciò nei suoi scritti delle impressioni poco favorevoli della cerimonia.

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9 – Letteratura, teatro e fermenti dell’Avvenire

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Charles Baugniet, François-Joseph Fétis, 1841
Franz Liszt, Sur l’état de la musique en ltalie, Lettre d’un bachelier ès- musique à Maurice Schlesinger (direttore della Revue et Gazette Musicale de Paris), 28 marzo 1839 (sotto, nella pagina)
Anonimo,
Johann Gottlieb Friedrich Wieck, s.d.
Anonimo,
Accademie. Liszt e Thalberg, due grandi pianisti, «Teatri, Arti e Letteratura», Bologna 17 maggio 1838
Francesco Regli,
Polemica. Guerra al signor Liszt, «Il Pirata», Milano, 17 luglio 1838
Neue Zeitschrifte fur Musik, frontespizio della raccolta della prima annata, Lipsia 1834
Joseph Kriehuher,
Ritratto di Robert Schumann, 1839
Revue Musicale, Parigi 28 marzo 1839. Franz Liszt, Lettre d’un bachelier ès-musique. De l’État de la Musique en Italie

Mentre in letteratura il movimento romantico va perdendo i suoi caratteri peculiari, nella vita musicale si nota un’atmosfera vivace e dinamica percorsa da opposte correnti: mentre è ancora “tipicamente romantica” la tendenza a idealizzare un lontano, mitico passato e nel contempo ad avere fiducia in un “avvenire” foriero di grandi conquiste e in una nuova “età poetica”, tipica del presente è la diffusione delle conoscenze attraverso la diffusione di nuove riviste che vanno nascendo: la Neue Zeitschrift für Musik fondata da Schumann a Lipsia; la Gazette Musicale de Paris, ereditata da Fétis ed ora edita da Schlesinger, alla quale Liszt indirizza le sue Lettere di un bacelliere in musica, con le sue impressioni e i suoi giudizi sulla vita musicale italiana.

Rossini si era volontariamente allontanato dalle scene teatrali dopo la sua opera “romantica” – il Guglielmo Tell del 1829 – ma manteneva uno sguardo acuto e critico su altri generi musicali, teatrali e non. Liszt, pur criticando aspramente l’arretratezza e l’inadeguatezza del massimo teatro italiano – la Scala di Milano – non cessa di frequentare il teatro d’opera in ogni sua tappa italiana. Inoltre, il fatto che egli veda la musica dell’avvenire su basi diverse da quelle che il recente passato aveva lasciato in eredità non sembra in contraddizione con la sua generosa offerta di intervenire personalmente per realizzare l’erezione a Bonn di un monumento a Beethoven, il musicista ritenuto ancora fondamentale per la musica del presente.
Il viaggio di Liszt in Italia e i contemporanei periodici soggiorni di Rossini fra Milano, Bologna e Firenze, rivelano in entrambi i musicisti i caratteri contrastanti degli intellettuali nel periodo fra le due rivoluzioni – quella del 1830 e quella del 1848 – periodo caratterizzato dall’espressione del dissenso e da un’intensa opposizione al conformismo nella maggioranza nei vari campi della vita musicale. Entrambi (e specialmente Rossini) rifuggono da un confronto diretto con la realtà, che preferiscono criticare o osservare con ironico distacco, per idealizzare piuttosto un avvenire che la superi, ma i cui lineamenti non riescono ad identificare concretamente.

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10 – Venezia

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Joseph Kriehuber, Caroline Unger, particolare, 1839
Anonimo,
Interno del Gran Teatro la Fenice, 1837
Franz Liszt,
La Serenata e L’orgia, da Soirées Musicales
de Rossini
, 1838
Francesco Augusto Bon, pagina della commedia
Niente di Male, in Commedie edite e inedite di Francesco Augusto Bon Veneziano, Milano 1831
Anonimo,
Gran Teatro La Fenice, entrata dal canale, 1830 ca
Andreetta, Antonio Fanna, litografia, 1845. Archivio Storico Ricordi

Marie d’Agoult registra la data dell’arrivo suo e di Liszt a Fusina e l’imbarco per Venezia il 20 marzo 1838, ma non è altrettanto precisa nel ricordare il luogo della loro dimora in città e i loro primi incontri. Ci informa però che si recarono alla Fenice per assistere ad una rappresentazione di La Parisina di Donizetti, la sera in cui nel Ballo dopo l’opera si esibiva la danzatrice Brugnoli, ossia il 23 marzo, come si evince dalla locandina del Teatro. Hanno così occasione di ascoltare Caroline Unger nel ruolo principale e di ammirarne le eccezionali doti di cantante e attrice. Da questo momento la Unger, che fu mitica interprete delle prime della Missa Solemnis e della Nona sinfonia di Beethoven e sarà una presenza importante nelle Accademie di Liszt non solo a Venezia ma anche nelle altre città in cui si esibirono insieme (Trieste, Vienna, Firenze). Antonio Fanna è l’altro personaggio importante del soggiorno di Liszt a Venezia. Era pianista e compositore, presidente delle Sale Apollinee: probabilmente fu lui stesso a organizzare in questa splendida sede l’accademia del 27 marzo in cui si esibirono, insieme alla star Franz Liszt e a lui stesso come accompagnatore, Caroline Unger, il basso Giorgio Ronconi, e il clarinettista Antonio Salieri. Fu forse per intercessione del Fanna che fu dato a Liszt un compenso di 300 franchi che sembrava altissimo agli uffici del Teatro. Ancora a Fanna si deve l’incontro di Liszt, all’indomani della sua seconda esibizione veneziana, con due compositori d’opera celeberrimi: Giovanni Pacini e Saverio Mercadante. Mentre è a Venezia Liszt apprende la notizia dell’alluvione del Danubio a Pest e decide di recarsi da solo a Venna per poter aiutare i suoi connazionali con i proventi di un paio di concerti. A Vienna invece si fermò molto più a lungo del previsto e diede 10 concerti (anche a proprio beneficio) dal 1 aprile al 22 maggio. Lascia Marie a Venezia nella loro abitazione in uno dei Palazzi Grimani, forse quello attiguo a Palazzo Pisani Gritti, dove aveva residenza la loro amica contessa Susanna de Wetzlar, presso la quale Liszt si era più volte esibito. A Palazzo Mocenigo – dove abitò anche Byron – erano stati ospiti di Giovanni Battita Perucchini, che Liszt credeva fosse autore di La Biondina in gondoleta. Un ritratto poco noto dell’iconografia lisztiana fu eseguito da autore ignoto per interessamento di Giuseppe Camploy, che firma in calce insieme a Liszt stesso la litografia fatta da Mittag. L’ultimo concerto di Liszt prima della partenza per Vienna si tenne al Teatro San Benedetto, nel cortile di Palazzo Pesaro. Nei numerosi teatri minori si mescolavano normalmente spettacoli di prosa ed esibizioni musicali, e magari potevano essere anche presentate le meraviglie di animali ammaestrati (cani, pappagalli, ecc.). Ecco l’annuncio del concerto di Liszt al quale furono presenti i principali musicisti della città: i pianisti Luigi Sartori e Enrico Angeli, e personalità pubbliche di primo piano come il conte von Spaur, governatore del Veneto.

Lo spettacolo verrà diviso nel modo seguente:
1. Il primo atto della commedia Niente di male del rinomato autore ed attore F.A. Bon

2. Grande Fantasia, composta ed eseguita dal Sig. Liszt

3. Secondo atto della commedia

4. Tirolese e Tarantella composta ed eseguita dal suddetto Sig. Liszt

5. Terzo atto della commedia

6. La Serenata e l’Orgia, Capriccio composto ed eseguito dal suddetto Sig. Liszt

7. Chiuderà il trattenimento la Farsa: Il sindaco e il coniglio

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11 – Genova

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Alfred de Musset, Ritratto di George Sand, 1833
Josef Kriehuher,
Lorenzo Salvi, 1839
Olof Johan Sodermark,
Marie-Henri Beyle, detto Stendhal, 1840
Anonimo,
Gian Carlo di Negro, s.d.
Nicolas-Mari-Joseph Chapuy,
Panorama di Genova dalla Loggia di levante del Palazzo del Principe, 1828-1848

«Quello che ho visto di più italiano in Italia è Genova»

Stendhal, Mèmoires d’un Touriste, Parigi, 1839

Cosa l’aveva colpito a Genova per apparirgli la più italiana delle città visitate fino a quel momento (Milano, Como, Verona Padova, Venezia)? Ciò che emerge dalla descrizione della città è un’idea di luminosità derivante da diversi fattori: entrando a Genova, scrive Liszt, si rimane «abbagliati» dal prestigio sempre vivo della sua passata grandezza […] le sale sono «risplendenti di dorature» […] «sotto questo cielo sempre sereno» […] «questo eterno sorriso della natura»; a sera «è la volta delle luminarie, dei fuochi d’artificio, dei pali trasparenti» e «migliaia di lucciole […] tracciano i loro fantastici e scintillanti arabeschi». Espressioni simili compaiono nelle descrizioni del lago di Como e a Bellagio; dunque ciò che lo colpisce a Genova è una luminosità riflessa dall’acqua, forse vista come carattere tipico della penisola, tutta protesa sul mare. Dunque Genova sarebbe la città più italiana, perché la più luminosa della luminosa Italia! Ma leggendo quella prima frase la memoria va anche alla storia di Genova, una storia repubblicana, per secoli autonoma, mai papalina, mai totalmente sottomessa nonostante gli assedi e le temporali invasioni di francesi, di austriaci e perfino di inglesi. Genova italiana, prima ancora che esistesse l’Italia come entità politica. I nostri due pellegrini sostano spesso al Caffé della Concordia, frequentato da francesi esiliati per i moti rivoluzionari del ‘30 e da italiani avversi al regime asburgico.


Charles Landelle (1821–1908), Ritratto di Alfred de Musset. Olio su tela, 1874, copia di un dipinto del 1854

Questo caffè era stato tappa prediletta di George Sand nel suo viaggio in Italia con De Musset. Per ciò che riguarda la musica la visita si colloca nella «cattiva stagione», in quanto durante l’estate i teatri hanno un’attività molto ridotta. Però, per la vigilia di San Giovanni, il 24 giugno, l’alta società si ritrova a teatro, dove in quell’anno poté assistere ad una recita di Lucia di Lammermoor. Franz – ci racconta Marie – s’appassiona per la voce e l’interpretazione scenica del tenore Lorenzo Salvi allora nel pieno splendore delle sue qualità artistiche. Nelle pause del soddisfacente spettacolo, i nostri turisti, incontrano due amici: Teresa Visconti d’Aragona sorellastra della principessa Cristina di Belgiojoso e suo marito Charles François Armand. Non sembra un incontro casuale ma un altro indizio che fa pensare ad un risvolto politico del soggiorno di Liszt a Genova.

Anonimo, Charles-François-Armand de Bancalis de Maurel d’Aragon, litografia, 1845 ca. Marito di Teresa Visconti d’Aragona, sorellastra della principessa Cristina di Belgiojoso, fu uno degli incontri genovesi di Liszt

Altra “coincidenza” abbastanza strana è la meta scelta da Liszt dopo Genova: Lugano, città italiana oltre i confini, altra città bagnata dalle acque, dove il referente fu Giovanni Grillenzoni, nobile modenese rifugiatosi in Svizzera essendo stata scoperta la sua partecipazione alla cospirazione carbonara, con conseguente condanna a morte in contumacia. Per quale motivo i due amanti decidono di visitare Genova e vi si fermano per circa un mese? Liszt nel suo scritto racconta che aveva una lettera di raccomandazione per il «dilettante appassionato» marchese Di Negro, che egli descrive in modo divertente come prototipo del «dilettante di professione, il Mecenate delle semicrome, il filarmonista senza pietà […] la mosca infaticabile del cocchio o del carro di Apollo», eppure si presenta a casa sua appena due giorni prima della partenza. Anche Stendhal aveva citato la Villetta Di Negro per la bellezza del suo giardino e per la cordiale ospitalità del padrone di casa nelle sue Mémoire d’un touriste, pubblicate in quello stesso 1838 in cui Liszt visitò la città. Nel suo diario Marie riferisce che il 10 luglio Liszt ha suonato a Palazzo Mari di fronte ad una «società elegante» e aggiunge «Attenzione religiosa. Stupore» e precisa il programma: prima de L’Orgia, trascrizione da Rossini, e prima delle variazioni su brani di Thalberg, Chopin e Herz, come brano di apertura Liszt suona la sua fantasia da I puritani di Bellini, ossia la sua “carta da visita” patriottica «Suoni la tromba e intrepido». Si può immaginare che a quelle note vibrassero i cuori di alcuni dei presenti, un gruppo di nobili impegnati nella lotta per la libertà della regione da qualsiasi dominio straniero, e forse anche quello della stessa giovane Mlle Pallavicini, di cui Marie descrive il rapimento commosso nell’udire la musica di Liszt.

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12 – Il concerto al castello del Catajo

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Anonimo, Il castello del Catajo presso Padova, XVIII sec.
Anton Einsle, Ritratto dell’Imperatrice d’Austria Maria Anna Carolina Pia, Principessa di Savoia, s.d.
Anonimo, Francesco IV d’Austria-Este, Duca di Modena, Reggio e Mirandola, duca di Massa e principe di Carrara, s.d.
Giovanni Battista Callegari, Maria Luigia d’Austria, duchessa di Parma, 1835 ca.
Anonimo, Ritratto di Ferdinando I d’Austria come Re di Ungheria, 1830
Alessandro Sanquirico, Interno della cattedrale di Milano durante l’incoronazione di Ferdinando I d’Austria a Re del Lombardo Veneto, part., 1838
Ferdinand Georg Waldmüller, Ritratto dell’imperatore Ferdinando I d’Austria, 1837, Galleria del Belvedere

Tra le visite a Venezia e a Bologna, Liszt si esibisce per l’Imperatore d’Austria presso il castello del Catajo, un’imponente fabbrica di origine medievale che sorge non lontano da Padova, nell’attuale comune di Battaglia Terme ai piedi dei colli Euganei. Partendo da un nucleo quattrocentesco, la famiglia Obizi diede sviluppo alla fabbrica alla fine del Cinquecento, ingrandendola a varie riprese sino al XIX secolo. Il castello ospitava uno dei primi teatri del Veneto e importanti collezioni d’arte, di strumenti musicali e di armi (oggi conservate all’Hofburg e al Kunsthistorisches Museum di Vienna) aperte al pubblico. Con l’estinzione della famiglia Obizi nel 1803, la proprietà passò in eredità agli Asburgo-Este duchi di Modena e Reggio, che qui trascorsero il loro esilio da Modena negli anni del periodo napoleonico. Con la Restaurazione, Francesco IV costruì l’ala detta “Castel Nuovo” che avrebbe ospitato, nel 1838, la famiglia imperiale al gran completo.

Luigi Pedrazzi, Ritratto dell’Arciduca Ranieri d’Asburgo, 1840 ca.

Franz Liszt in quell’anno è reduce dalla tappa genovese del suo pellegrinaggio italiano e sta per raggiungere Bologna dove ha appuntamento con Marie. Come suddito dell’Impero non può sottrarsi all’invito di esibirsi di fronte alla famiglia imperiale che si trovava riunita al Catajo in una sosta del viaggio di presentazione ai sudditi di Ferdinando I, già imperatore d’Austria e re d’Ungheria dal 1835, incoronato a Milano Re del Lombardo Veneto il 6 settembre 1838. Uno sguardo al parterre che ascoltò Franz Liszt al Catajo è utile per comprendere la fama di cui godeva in quel momento il giovane pianista: Ferdinando I d’Asburgo-Lorena, Imperatore d’Austria e re d’Ungheria; l’imperatrice Maria Anna di Savoia; Maria Luisa di Parma, sorella dell’Imperatore, già consorte di Napoleone e duchessa regnante di Parma, Piacenza e Guastalla; Teresa di Sassonia-Hildburghausen regina di Baviera; Ranieri D’Asburgo viceré del Lombardo-Veneto con la consorte Maria Elisabetta di Savoia-Carignano (sorella di Carlo Alberto) oltre a, naturalmente, il padrone di casa Francesco IV duca di Modena. Una lettera indirizzata dal Catajo a Marie che l’attendeva a Bologna, ci parla con accenti malinconici di un Liszt che non sembra proprio a suo agio in questo tipo di situazione: «Eccomi dunque al colmo dei miei dolori e dei miei onori […] Ho avuto l’onore di farmi ascoltare al Catajo davanti alle loro Maestà, l’Imperatore e l’Imperatrice» […].
Per fortuna la generosa offerta dell’Imperatore (1000 franchi!) riuscì a fargli sopportare con disinvoltura il disagio e una lettera di presentazione per il Granduca di Toscana – probabilmente – gli fece ritornare il buonumore. Non si deve dimenticare, infatti, che Liszt doveva pensare a mantenere una famiglia numerosa ed esigente: una contessa con due figlie piccole e un buon numero di aiutanti e la madre rimasta a Parigi.

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13 – Pianoforti in viaggio: Érard, Pleyel, Streicher

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Jean-Urbain Guerini, Pierre-Orphée Erard, s.d.
Anonimo, Camille Pleyel, s.d.
Adolf Dauthage, Johann Baptist Streicher, 1862

Pianoforte Pleyel, 1838
Pianoforte Streicher, 1838
Pianoforte Erard, 1841

Nel corso dell’Ottocento la scienza e la tecnica impressero uno sviluppo veramente impressionante alla costruzione degli strumenti musicali. In particolare il pianoforte, dopo gli eleganti prodromi settecenteschi di Bartolomeo Cristofori, ebbe un percorso evolutivo dirompente che negli anni ‘30 dell’Ottocento era in piena effervescenza e innovazione. Nuove conoscenze ingegneristiche (innumerevoli i brevetti registrati) e di fisica del suono, nuove capacità tecniche nella produzione delle corde, nuove idee estetiche portarono alcuni geniali costruttori come Pleyel ed Érard, i cui nomi rimangono ancora oggi leggendari, a elaborare nuove e sofisticate macchine sonore capaci di imporsi in ampi spazi e tali da reggere il confronto con le più agguerrite e numerose compagini orchestrali. Il pianoforte divenne protagonista del moderno recital solistico, la cui invenzione venne reclamata proprio da Franz Liszt, rivoluzionando delle consuetudini sociali di ascolto che avevano nell’Accademia strumentale e vocale, ovvero nella compresenza nella stessa serata dei più disparati interpreti, il modello performativo. Le nazioni che si contesero in quegli anni il primato nella costruzione dei pianoforti furono l’Austria, la Francia e l’Inghilterra.

Pianoforte Pleyel appartenuto
a Gioachino Rossini,
Bologna – Museo Internazionale della Musica
(Photo by Roberto Serra / Iguana)

In particolare Parigi divenne il campo di battaglia della competizione tra Pleyel, i cui strumenti erano apprezzati da Chopin e Rossini, e Érard, autore di strumenti più “robusti” che ben sopportavano il vigore esecutivo di Franz Liszt. Tra gli strumenti cosiddetti viennesi si imposero quelli della ditta Streicher, strumenti che Beethoven aveva definito «troppo buoni per me … perché mi rubano la libertà di produrre il mio suono». Oltre ai nuovi rinforzi metallici dello strumento, la cui struttura in legno era ormai insufficiente a reggere la tensione delle nuove corde, è nella meccanica che si giocano principalmente le innovazioni tecniche, e in particolare nell’evoluzione del cosiddetto scappamento del tasto, il meccanismo che permette al martelletto di riabbassarsi per essere pronto, il più velocemente possibile, a percuotere nuovamente la corda. Tutto era disposto per interpretare costruttivamente i nuovi orizzonti della genialità pianistica di Liszt.

Grazie ad una lettera scritta da Siena alcuni mesi dopo il concerto del Catajo all’amico Pierre Érard, figlio del fondatore dell’omonima casa di pianoforti, sappiamo che Liszt viaggiava con al seguito un pianoforte Érard che egi stesso promuoveva nei suoi concerti. In occasione del concerto del Catajo il duca di Modena si fece lasciare in prova il pianoforte di Liszt: questo aneddoto, oltre a raccontarci qualcosa in più della quotidiana vita di una “pellegrino” del pianoforte, ci spiega anche perché Liszt a Bologna, non avendo a disposizione un pianoforte Érard per le due accademie alle quali partecipò, scelse di utilizzare un pianoforte Streicher prestatogli dal principe Filippo Hercolani piuttosto che il Pleyel di Sampieri o di Rossini, strumenti della casa concorrente a quella di Érard. E Rossini, in Italia, era promotore degli strumenti di Pleyel…

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