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Il primo maggio 1837 Liszt lascia nuovamente Parigi con Marie d’Agoult e si reca prima a Nohant presso George Sand, indi a Lione dove entrambi rimangono colpiti dalla misera condizione degli operai dei setifici lionesi. Come terza tappa prima di prendere la via verso l’Italia, vanno a visitare Lamartine. Nel breve incontro si rinsaldano antichi legami d’amicizia, e si scambiano opinioni sul ruolo sociale dell’artista. In una delle Lettres d’un bachelier, che costituiscono una sorta di diario di viaggio, Liszt scrive:
[…] Saint-Point è un delizioso luogo di soggiorno dove Lamartine si dedica attivamente al compimento dei doveri della vita dipartimentale, cosi com’è stata tracciata dai nostri costumi parlamentari; causa questa di grande sorpresa per l’uomo comune, il quale si figura i poeti e gli artisti come esseri al di fuori della realtà, che si nutrono solo di chimere, assopiti come Brahma in una tenebra luminosa. Lamartine giurato, Lamartine membro del consiglio generale, Lamartine deputato è per molti un’anomalia, un problema; queste brave persone sono rimaste ancora a Pegaso e all’Elicona e non si rendono conto che nella civiltà moderna il poeta e l’artista non sono più dei gloriosi “paria” che il loro genio separa dal resto dell’umanità, ma, al contrario, degli uomini che vivono la vita di tutti amando, soffrendo e lavorando in comunione con quelli che amano, soffrono e lavorano […]
Dopo il breve soggiorno presso Lamartine, la coppia si dirige a Ginevra, dove l’anno precedente era nata la loro prima figlia Blandine, e seguendo un romantico itinerario attraverso le Alpi scendono a Milano «sotto i più gioiosi auspici». L’inizio del “viaggio in Italia” viene infatti ricordato da Liszt con la descrizione del vetturino che li conduce nel paese «dove fioriscono i limoni»:
Squisitamente gentile con “le nostre eccellenze,” sempre cantando, sorridente e pronto ad apostrofare le “maledette mosche” o le belle ragazze, mimo perfetto, ciarlatano consumato, Salvatore Ballatella è l’ideale dei vetturini. Possa la rugiada del cielo posarsi sul fieno con cui egli nutrisce i suoi robusti corsieri!
A Milano l’accoglienza dell’editore Ricordi non fa che confermare l’auspicio propizio e nella capitale musicale d’Italia – dove l’intensa vita teatrale, una certa eleganza e un grande passato facevano quasi dimenticare il dominio poliziesco degli Asburgo – Liszt e Marie trascorrono parte dell’estate. In questo periodo estivi l’attività dei teatri è più limitata e la vita intellettuale e musicale si rifugia nei salotti. Qui ritrova i vecchi amici di Parigi, primo fra tutti Rossini che spesso incontra nell’accogliente palazzo di Cristina di Belgiojoso. Ma già verso la fine d’agosto l’ormai palese seconda gravidanza di Marie consiglia un soggiorno più tranquillo, ed essi si stabiliscono a Bellagio, poi a Como, dove il 25 dicembre 1837 nasce la loro seconda figlia, Cosima. Il soggiorno è assai piacevole, la felicità “quasi coniugale” pare senz’ombra, ma è forse proprio questo pacificante senso di domesticità che turba l’artista. Nelle lettere, e soprattutto in quelle alla madre e a Lamennais, si comincia ad avvertire un senso di inquietudine; Liszt pare tormentato dal rimorso di spendere i suoi giorni in maniera cosi “egoistica,” o forse è il suo istinto di «vagabondo infaticabile» – come lo chiamava Berlioz – a spingerlo di nuovo per le vie del mondo, o ancora è possibile che la stagione dell’amore fosse già prossima al declino: di tutte queste possibili cause capaci di motivare la ripresa dell’attività concertistica, quella che egli ci dà nella quinta delle Lettres d’un bachelier è pero sicuramente la più divertente:
[…] l’amico Ricordi, desideroso di vendere le mie composizioni di cui sono piene le sue vetrine, annuncia alla felice Italia ignara di questa fortuna, ch’essa ospita con la mia persona il primo pianista del mondo senza rivali nel genere “fantastico ed ispirato. […]