15 – Bologna

Pagina
precedente

INIZIO
PERCORSO

Pagina
successiva

Itinerario d’Italia, Viaggio da Venezia ad Ancona, Vallardi, 1835
Tre giornate del Forastiere in Bologna, 1845
Giovanni Zecchi, Itinerario di Bologna, Piazza della Mercanzia, 1840
Luigi Basoli, Porta Galliera, acquatinta, 1817
Francesco Petrarca, Pace non trovo, da Rime del Petrarca, Torino, Pomba, 1830

Henri Lehmann, Ritratto di Marie d’Agoult, 1839

Forse andrò a fargli una visita questa estate a Bologna, dove egli [Rossini] tornerà all’inizio di aprile e si fermerà per tutta l’estate. Quanto a me, partirò per Venezia a metà marzo. Di là a Bologna, Firenze, Genova…

Così Liszt scriveva agli inizi del 1838 in una lettera al violinista belga Lambert Massart. Franz però arriverà a Bologna soltanto agli inizi di ottobre, un cambio di programma dovuto a varie ragioni impreviste e soprattutto alla deviazione viennese per partecipare alla raccolta fondi in favore delle vittime delle disastrose alluvioni del Danubio in Ungheria, un fatto che aveva avuto una grande eco anche in Italia. A Bologna Liszt si ricongiunge con Marie che l’aveva impazientemente aspettato, e come prima cosa si recano subito all’Accademia per vedere i quadri dei Carracci, di Guido Reni e, soprattutto, la Santa Cecilia di Raffaello. L’aspetto “privato” della prima visita a Bologna si conferma nella tappa successiva del loro viaggio in Italia: invece di dirigersi direttamente a Firenze i due amanti lasciano Bologna attraverso Porta S. Vitale e vanno a Ravenna, per continuare la loro vacanza artistico-letteraria in un clima di memorie, d’amori e di cospirazioni nel nome di Dante e di Byron. Questa deviazione rispetto alla linea diretta Bologna-Firenze non stupisce se si pensa all’aura che circondava Dante presso i romantici, aura alla quale Liszt e Marie si abbandonarono completamente. Nel periodo delle visite bolognesi, infatti, Liszt scrisse numerosi abbozzi di quella che diventerà la Sonata Dante e cominciò a comporre i tre Sonetti del Petrarca, Benedetto sia ’l giorno, Pace non trovo, I’ vidi in terra, più volte rimaneggiati fino gli anni ’60. Liszt tornerà a Bologna nel dicembre di quell’anno e di questo soggiorno (dove mette a frutto i contatti professionali con buona evidenza promossi attraverso Rossini) abbiamo notizie più dettagliate grazie alla corrispondenza con Marie, rimasta a Firenze. Bologna è un centro pianistico italiano di non secondaria importanza grazie alle figure di Benedetto Donelli, insegnante al Liceo musicale dal 1817 al 1839, di Gaetano Corticelli, insegnante al Liceo per un solo anno tra il 1839 e il 1840, e soprattutto di Stefano Golinelli, il pianista che dal 1840, poco più che ventenne, Rossini volle come insegnante di pianoforte principale presso il Liceo, uno dei pochi pianisti italiani ad esibirsi con successo in Germania, raccogliendo vivi consensi anche da parte di Schumann. A Bologna si trova in quel periodo anche il pianista Robert Müller, un tedesco in realtà residente ad Edimburgo, allievo di Hummel, Kalkbrenner ed Herz. “Dilettante” di pianoforte per motivi di casta, non certo per capacità musicali, fu Teresa Angelelli, che nel 1842 troviamo nell’organico dello Stabat Mater rossiniano diretto da Donizetti. Teresa era moglie del principe Filippo Hercolani, anch’egli dilettante di pianoforte, e figlia del letterato e grecista Massimiliano Angelelli che, appassionato di violino e di musica tedesca, era sto una figura di grande importanza nelle vicende musicali del giovane Rossini.

Ad alta sublimissima meta vedesi già pervenuta la Nobile Dama signora Principessa Teresa Hercolani nata Angelelli. Leggiadra di forme, amabile di sembiante, ed in verde etade delle più belle virtù doviziosamente fornita, valevoli a costituirla l’onor del suo sesso, a sì rare doti accoppia profonde cognizioni nell’arte della musica. Suonatrice somma di Piano-forte, eseguisce su questo istrumento quanto vi può essere di più difficoltoso, e straordinario [Teatri, Arti e Letteratura, 17 maggio 1838].

R. Accademia Filarmonica di Bologna, Soffitto dipinto
Anonimo, Stefano Golinelli, s.d.
V. Becchetti, Gaetano Corticelli, s.d.
Anonimo, Francesco Sampieri, s.d.
Louis Dupré, Gioachino Rossini, 1836
Aggregazione all’Accademia Filarmonica di Teresa Hercolani, particolare, 25 aprile 1838
Antonio Basoli, Portico di via San Donato e facciata di S. Giacomo Maggiore, s.d.,
Antonio Basoli, Antico portico in strada Maggiore (casa Isolani con casa Rossini sullo sfondo), 1832

Liszt arriva quindi a Bologna la domenica prima di Natale, ma sulla prima lettera indirizzata Marie segna una data sbagliata (21, invece che 23 dicembre) e scrive: «Prima di tutto devo dirvi che sono stato molto triste questa notte e oggi. Per diverse ragioni, ma soprattutto per una. Ho dimenticato il vostro anello sul caminetto! Se è possibile inviatemelo tramite il polacco (Bryezinsky)». Il soggiorno bolognese di Liszt sembra nascere sotto cattivi auspici: alla Locanda di S. Marco (forse è qui che Liszt e Marie avevano alloggiato in ottobre) tutte le stanze sono impegnate. Deve allora rivolgersi di fronte, alla Locanda dei Tre Mori, dove trova soltanto una stanza «méchante», che non fa che aumentare il suo malumore. Fortunatamente «heureusement» il marchese Sampieri, sapendolo solo, lo ospita nel suo palazzo di via Santo Stefano: drappi rossi sul letto, vista su un giardino in cui passeggiano variopinti pavoni e una cameriera di nome Annetta a disposizione. Si tratta del complesso attaccato al palazzo della Mercanzia racchiuso tra le vie Santo Stefano, Castiglione e vicolo Sampieri. Oltre a questa e alla sontuosa residenza estiva di Casalecchio (distrutta nel corso della Seconda guerra mondiale), il marchese possedeva anche un palazzo in Strada Maggiore noto per gli affreschi dei Carraccai e del Guercino, dove si trovava una galleria d’arte. Sempre dalla corrispondenza sappiamo che Liszt, da bravo viaggiatore romantico, non trascura di leggere «qualche capitolo» del Purgatorio, ma quando Rossini viene a trovarlo per dargli notizia della sua agenda sociale e concertistica bolognese, lo trova addormentato. In quella stessa sera del 23 dicembre «cena in famiglia» dai Sampieri: «la Marchesa è spagnola. Ha 38 anni e ha i baffi (dice Liszt). Detesta Sampieri, parla poco e con un certo sussiego. Suo zio, il cardinal Gregorio, è il gran penitenziere del Papa […]. Leggera disputa coniugale. Il marito buono, la moglie altera». La marchesa Sampieri, al secolo Anna de Gregorio, era nata in Spagna ed era stata dama di corte dell’Infanta. La mattina seguente – vigilia di Natale – Liszt si reca a casa Rossini in Strada Maggiore 26; i due amici vanno a fare colazione al caffé e Liszt è colpito dal modo cordiale con cui Rossini chiacchiera con bottegai e mendicanti che incontra per strada: «Homme singulier! Homme prodigieux!». A mezzogiorno Rossini lo conduce al Casino sito nel palazzo Salina Amorini Bolognini, piazza S. Stefano 11, e lo lascia lavorare tranquillo per un paio d’ore. Alle due del pomeriggio ritorna da lui insieme ai principi Hercolani (lui di 27 e lei di 20 anni, «molto semplici e graziosi») e al pianista Müller, che dà a Liszt l’impressione di avere qualche prevenzione nei suoi confronti. Ma i due in breve si mettono a chiacchierare e Liszt gli suona il suo Studio in La bemolle. Alle 4 del pomeriggio Liszt rientra e impiega due ore a scrivere agli editori Schlesinger, Ricordi, Schonenberger e Coks. Rossini interrompe il lavoro di Liszt alle 18 per condurlo a casa sua, dove s’intrattengono in piacevoli conversari con Olimpia Pélissier la compagna del Pesarese (che Liszt un poco ironicamente non sa se chiamare “Signora” o “Signorina”) fino al momento di andare a cena dal marchese Sampieri, dove è predisposta la cena della vigilia con una ventina di invitati. La serata si protrae fino alle 4 del mattino. La lunga veglia non impedisce a Liszt di recarsi presto al Casino per lavorare, ma gli Hercolani e il pianista Müller lo intrattengono in conversari per tre ore! Tornato a casa, Liszt confessa a Marie che la festa di Natale lo rattrista e che la lettura di un articolo di Quinet su un recente libro di David Friedrich Strauss, La vita di Gesù, lo ha fatto riflettere sulle più grandi verità della nostra religione, lasciandolo pieno di dubbi. Al concerto al Casino, che si tenne la sera di Natale, oltre alle persone e agli artisti citati da Liszt nelle lettere a Marie d’Agoult, possiamo presumere che fossero presenti alcuni dei membri della Società del Casino dei Nobili. Nella corrispondenza lisztiana il concerto è descritto con poche frasi lapidarie: «Successo inaudito dopo quello della Malibran, e più completo perfino di quello della Malibran. Non ho fatto nessuna conoscenza femminile». Liszt è riaccompagnato a casa dal Müller che resta a chiacchierare con lui fino all’una e mezza di notte. Nell’accademia si erano esibiti artisti di vaglia come il basso Carlo Zucchelli con la moglie, il soprano Ester Mombelli, ed erano state presentate al pubblico tre allieve della famosa soprano e didatta Teresa Radicati Bertinotti. Il programma aveva presentato, tra composizioni di Vincenzo Gabussi (protegé di Rossini), Donizetti, Mayr, Rossini, Cimarosa, le Reminiscenze dai Puritani di Liszt e l’elaborazione lisztiana della Serenata e dell’Orgia dalle Soirées rossiniane. Dal punto di vista del programma, dunque, il concerto di Liszt al Casino dei Nobili rientra pienamente nei canoni della prassi non solo cittadina, ma nazionale. Forse ha ragione Liszt quando riferisce a Marie che si sia trattato di un successo, se è vero che ne giunse l’eco perfino nella lontana Germania, dove il redattore dell’Allgemeine Musikalische Zeitung di Lipsia diede un rapido resoconto delle quattro accademie tenutesi al Casino nel dicembre ’38, proseguendo:

Ma chi riuscì col suo pianoforte a far grande scalpore e a scatenare entusiastici applausi fu l’ospite Liszt, paragonato nientemeno che a Paganini. Un giornale del luogo arrivò perfino a lodare i suoi “cupi suoni che immaginar ti fanno le sue nebbie del Nord!” .

Un lettore malizioso potrebbe però pensare che quei «cupi suoni» più che a una scelta interpretativa fossero dovuti a difetti del pianoforte Pleyel su cui aveva dovuto suonare. Lo strumento era stato imprestato per l’occasione da una Dama non meglio identificata, e passava per essere uno dei migliori usciti dalla famosa fabbrica parigina. Ma Liszt, forse per via della sua propensione per il suono degli Érard, in una lettera a Marie lo giudica «sordo da fare paura» e per il secondo concerto prega il principe Hercolani di prestargli il suo Streicher viennese che gli piaceva «enormemente di più». L’aveva provato la sera del 27 dicembre durante una cena con musica nel Palazzo Hercolani di Strada Maggiore. In casa Sampieri, durante la grande cena del 28, probabilmente suonò di nuovo un Pleyel, vista la predilezione del Marchese per questo strumento, del resto molto amato anche da Rossini. Così dopo laute cene, lunghi conversari ed esibizioni private nei palazzi più “musicali” della città, Liszt giunge alla sera del 29, alla sua “personale” accademia alla Sala Sampieri, non come un ospite di passaggio ma come un personaggio di grande levatura, perfettamente integrato nel tessuto dell’aristocrazia musicale cittadina. E di nuovo il giornale tedesco chiosa l’evento: «Nel locale del nominato Sampieri, Liszt si esibì da par suo nella sua propria Accademia, dove suonò tre pezzi di sua composizione e fece applaudire il pubblico con grande convinzione». Per questo concerto ci sono giunte notizie anche dalla stampa locale. In particolare Il Solerte gli dedica un articolo molto dettagliato, nel quale l’autore, oltre ad osannare le doti interpretative del protagonista, trova modo di osservare che «il talento di Liszt quale compositore si può dire eminentemente plastico o in altri termini che l’artistica di lui individualità si spiega in particolar modo nella ricchezza della forma». A proposito della partenza di Liszt da Bologna abbiamo ancora una volta testimonianze controverse: Marie d’Agoult scrive nel suo diario che Franz è arrivato a Firenze il 1° gennaio a mezzogiorno, ma proprio in quel giorno Liszt presenta la sua domanda d’ammissione all’Accademia Filarmonica, ed anche il giornale di Lipsia sposta un poco in avanti la sua partenza.

Share