14 – I moti del ’30. Riflessi sulla società bolognese

Pagina
precedente

INIZIO
PERCORSO

Pagina
successiva

Bandiera tricolore degli studenti greci presenti a Bologna durante la Rivoluzione, 1831
Per lo innalzamento della Bandiera della
Libertà sulla Torre Asinelli li 13 febbraio 1831

Antonio Zanolini, Ritratti di Antonio Silvani, Francesco Orioli, Carlo Pepoli, Vincenzo Bolognini, da: Antonio Zanolini, Ritratti, fatti senza studio
veruno in disegno, da scherzo e per fuggir la mattana, prima di ( … )
compagni di prigionia nel forte di Sant’Andrea a nel carcere di San
Severo in Venezia, poi degli uf.fiziali dell’equipaggio dell’Abbondanza vecchia. Gabarra che ci trasportò tutti da Venezia a Civitavecchia

e gli esigliati fino a Marsilia, 1831,
Bologna Museo del Risorgimento
Doni patriottici oggi offerti per l’arruolamento e l’armamento della truppa,

manifesto, 19 febbraio 1831
Anonimo, Cerimonia della benedizione delle due Bandiere dell’I.R.
Reggimento Kinski data nei pubblici Giardini di Bologna il 30 maggio 1838

Quando Liszt e Rossini si ritrovano a Bologna agli inizi di ottobre 1838, si erano appena assopite le tensioni che avevano acceso l’insurrezione delle provincie sottoposte al dominio pontificio in seguito ai moti francesi del 1830-1831. In particolare, nel ducato di Modena la carboneria locale con a capo Ciro Menotti aveva organizzato un grande movimento di insurrezione che si era allargato a numerose città, da Bologna alle Marche e all’Umbria. I territori emiliani e romagnoli, infatti, ospitavano una fitta rete di società segrete pronte a intervenire per sovvertire l’ordine costituito e a innescare un moto liberale. Quando gli insorti avevano dichiarato la secessione delle Legazioni di Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì dallo Stato della Chiesa, se si eccettua qualche scontro tra insorti e gendarmi, le autorità pontificie avevano ceduto il potere senza opporre resistenza. Le nuove autorità provvisorie avevano proclamato la nascita delle Province Unite Italiane, una repubblica parlamentare con capitale Bologna sotto la presidenza di Giovanni Vicini che ne promulgò la costituzione.

I membri della Commissione provvisoria erano Francesco Bevilacqua Ariosti, Francesco Orioli, Cesare Bianchetti, Antonio Silvani, Antonio Zanolini, Alessandro Agucchi, Carlo Pepoli. Le basi della nuova realtà politica, tuttavia, erano molto deboli, inoltre non aiutarono la causa secessionista le notevoli discordie presenti tra gli stessi capi della rivolta. Gli austriaci non tardarono a reagire: scesero verso il Po seguendo la via del Brennero; oltrepassato il fiume (25 febbraio 1831) si diressero verso Modena. In pochi giorni furono a Bologna e poi a Ferrara. Il 26 aprile 1831 l’esercito austriaco, in nome della Santa Alleanza, stroncava le ambizioni dei ribelli e le Province Unite cessavano di esistere. In breve tempo fu ristabilito l’ordine, cui seguirono condanne a morte e fughe in esilio. La più evidente e dura conseguenza del fallimento dei moti del ’31 fu l’acquartieramento a Bologna di truppe austriache del reggimento Kinski che vi rimase fino all’estate del ‘38 e se ne partì dopo un’imponente manifestazione in Piazza del Mercato (oggi Piazza VIII Agosto). Nel Libro dei compromessi politici la polizia pontificia annotò i nomi dei rivoltosi dei moti del ’21, del ’31 e di quanti negli anni seguenti furono sospettati di cospirare contro il governo della Chiesa. Oltre a quelli appena citati si trovano soprattutto nomi di appartenenti alle classi artigiane e professionali. Pochi percentualmente i nobili, tra i quali risaltano i nomi di Francesco Sampieri («Si vuole nel numero dei settari rivoluzionari e dei nemici del Governo, tanto nei 44 giorni, quanto nel tempo dell’anarchia diede sussidi a vantaggio del liberalismo») e della principessa Donna Maria Hercolani («Esaltatissima in ambedue le epoche. Nel di lei palazzo bene spesso vi furono, come tuttora vi sono, riunioni dei più esaltati liberali contrari al Governo. Ha essa contribuito per gli emigrati che trovansi bisognosi; dà parimenti sussidi a chi a lei si presenta purché sia della classe dei liberali, ed è delle contribuenti della Cassa rivoluzionaria per quanto ritiensi nell’opinione di molti»). Molti nomi di liberali figurano tra gli iscritti e tra gli appartenenti alla direzione della Società del Casino dei nobili, dove Liszt tenne il suo primo concerto bolognese. Tra il 1835 e il 1838 si assistette all’iscrizione di nuovi soci – alcuni esiliati inseriti come corrispondenti anche non quotizzanti – di area liberale. Tra questi Augusto Anglebert (fratellastro di Carlo Berti Pichat), Rodolfo Audinot, Francesco Rizzoli, il marchese Pietro Pietramellara, Marco Minghetti, il marchese Alessandro Guidotti, Luigi Loup, Carlo Gabussi, tutti personaggi che alcuni “zelanti”, schierati su posizioni particolarmente reazionarie, tentarono di allontanare dal Casino.

Share