DICEMBRE 1838, prima parte
Al San Marco non mi hanno voluto. In mancanza di meglio avevo preso una cattiva stanza di fronte, ai Tre Mori… per fortuna Sampieri mi ha offerto un alloggio in casa sua… Indirizzate presso il Marchese Sampieri, tutti sanno dove sta – Le torri mi cascano sul naso… Rossini mi ha ricevuto a meraviglia… Andiamo a far colazione al caffè. Strada facendo dà qualche soldo a tutti i poveri che incontra e s’intyrattiene con una quantità di bottegai. Uomo singolare! Uomo prodigioso! A mezzogiorno vado al Casino per lavorare sul mio pianoforte fino alle due. Rossini viene a prendermi per presentarmi al principe e alla principessa Hercolani.
A Bologna in quel tempo non mancavano pianisti di ottimo livello come Benedetto Donelli, insegnante al Liceo musicale dal 1817 al 1839, Gaetano Corticelli (1804-1840), insegnante al Liceo per un solo anno tra il 1839 e il 1840, e soprattutto Stefano Golinelli (1818-1891), il pianista che dal 1840, poco più che ventenne, Rossini volle come insegnante di pianoforte principale presso il Liceo. Golinelli fu uno dei pochi pianisti italiani ad esibirsi con successo in Germania, raccogliendo vivi consensi, anche da parte di Schumann. Prima di divenire docente di pianoforte presso il Liceo, Golinelli era già figura di spicco dell’Accademia Filarmonica, dove ancora si conserva il suo pianoforte Erard.
Oltre ai pianisti “locali” allietava le serate degli appassionati di musica un artista “internazionale”, dal nome tedesco, ma di nazionalità scozzese: Robert Müller, di Edimburgo, che fu aggregato all’Accademia Filarmonica di Bologna nel 1838 come «suonatore». Le poche notizie su questo pianista conosciuto in Europa come “lo scozzese” e in Inghilterra come “il tedesco” derivano principalmente dal suo necrologio su una rivista inglese The Gentleman’s Magazine And Historical Review. Dopo gli studi compiuti ad Edimburgo fu allievo di pianoforte di Hummel, Kalkbrenner ed Herz e di contrappunto di Zelter e Klein a Berlino. Si esibì nelle principali capitali europee e, in Italia, fece lunghi soggiorni a Milano, Roma, Venezia e Trieste. Grazie alle recensioni apparse su Teatri, Arti e Letteratura possiamo circoscrivere la sua permanenza bolognese ad un periodo di circa un anno, dalla primavera del 1838 a quella del 1839. È probabile che durante la sua presenza a Bologna sia stato maestro, tra gli altri, dei principi Hercolani e che la prevenzione iniziale mostrata verso Liszt fosse dovuta al timore di perdere i suoi allievi in città. Müller sembra avere cambiato presto atteggiamento e Liszt riferisce di lunghi incontri e conversazioni amicali con “lo scozzese”. I due musicisti avrebbero mantenuto contatti epistolari fino alla morte di Müller (1855).
Fra i dilettanti bolognesi di pianoforte spicca la figura di Teresa Angelelli (1820-1897), figlia del letterato e grecista Massimiliano Angelelli, che sposò nel 1836 il principe Filippo Hercolani (1811-1847). Il matrimonio fu un grande evento cittadino a cui si assommò una forte aspettativa dinastica in considerazione dei numerosi lutti che avevano colpito la linea maschile degli Hercolani e venne celebrato con numerose pubblicazioni epitalamiche. Al di là delle precauzioni con le quali dobbiamo trattare i giudizi dati da Gaetano Fiori negli articoli apparsi su Teatri, Arti e Letteratura sulle doti pianistiche e interpretative di Teresa Angelelli, possiamo immaginare che la principessa fosse veramente una pianista di buon livello, dal momento che fu aggregata come membro onorario all’Accademia Filarmonica il 25 aprile 1838, mentre suo marito, il principe Filippo, sulle cui doti pianistiche non abbiamo al momento testimonianze, fu aggregato, anch’esso come onorario, il 13 ottobre dello stesso anno.
L’invito a Liszt si configura come evento inconsueto, si potrebbe dire straordinario, nel panorama musicale della città. Sicuramente la sua fama si era diffusa da qualche tempo, ma non è illecito ipotizzare che venisse rafforzata dai recenti concerti dati nella vicina Firenze durante il mese di novembre, concerti nei quali Liszt aveva suonato brani di sua composizione per diverse ragioni legati più alla storia di Bologna che a quella di Firenze. Un giornale tedesco ne riporta l’eco:
L’8 novembre [1838] Liszt si esibì [a Firenze] al Teatro del Sig. Rowland Standish con l’Ouverture del Guglielmo Tell di Rossini e con due Fantasie, una su un tema dei Puritani e l’altra su temi dalle Soirées Musicales di Rossini. Si può immaginare l’accoglienza che egli ebbe, se il festeggiato pianista dovette poco dopo farsi sentire un’altra volta nello stesso teatro.
Il 17 Novembre l’Accademia si tenne a corte; [dopo aver accompagnato al pianoforte diversi cantanti] Liszt eseguì una Fantasia per pianoforte su un tema dalle Soirées Musicales di Rossini e Variazioni su un tema dei Puritani [Allgemeine Musikalische Zeitung, 27 febbraio 1839].
In questi programmi si riflette l’amicizia di Liszt con Rossini, ma soprattutto la sua predilezione per la melodia vocale italiana e l’attenzione a temi cari al pubblico dei “liberali”. Non si deve dimenticare che l’opera I Puritani di Bellini, su libretto del bolognese conte Carlo Pepoli, era stata data di recente al Teatro Comunale di Bologna [nella stagione 1836-37] e che nel titolo vi erano chiari riferimenti ai “moti” del ’31. Nel linguaggio corrente dell’epoca, infatti, con i termini “protestanti” o “puritani” si indicavano i settari carbonari e massoni legati ai moti risorgimentali. Quanto alle fantasie su temi delle Soirées musicales esse erano doppiamente legate ai “bolognesi”, essendo la musica di Rossini e i testi delle liriche dello stesso Carlo Pepoli. Vedremo che Liszt non deluse i suoi ospiti e ripeté i pezzi eseguiti a Firenze anche nei concerti dati a Bologna.
Arriva la domenica prima di Natale, ma sulla prima lettera a Marie da Bologna Liszt segna una data sbagliata: 21, invece che 23 dicembre. Si è già avuto occasione di sottolineare la scarsa precisione, o se si vuole, lo stile fantasioso delle lettere lisztiane, che pure restano la fonte più preziosa per le notizie sulla sua biografia. Nel caso dell’arrivo a Bologna questo suo vezzo è palese, in quanto nelle due lettere a Marie, scritte una di seguito all’altra per darle notizie sul suo arrivo, troviamo notizie diverse. Forse non è importante sapere se arrivò alle 9.30 (prima lettera) o alle 4.30 (seconda lettera): ci basta pensare che per raggiungere Bologna da Firenze aveva viaggiato in carrozza 16 ore e mezza!
Così che non ci sembra un’esagerazione se scrive: «Prima di tutto devo dirvi che sono stato molto triste questa notte e oggi. Per diverse ragioni, ma soprattutto per una. Ho dimenticato il vostro anello sul caminetto! Se è possibile inviatemelo tramite il polacco (Bryezinsky)».
E con ciò veniamo subito a sapere che Liszt conta di fermarsi a Bologna diversi giorni. Infatti l’amico polacco citato nella lettera arriverà solo martedì 25 o mercoledì 26, ma può attenderlo e sarà felice di riavere l’anello. È questa la principale ragione per cui si sente «tout triste», ma non è l’unica: benché durante il viaggio non facesse freddo e benché il vetturino fosse in orario, è successo che i suoi bagagli sono stati smarriti. A questo non piccolo guaio si aggiunge un non minore disagio nel reperimento dell’albergo: alla Locanda di S. Marco tutte le stanze sono impegnate, così che deve rivolgersi di fronte, alla Locanda dei Tre Mori, dove trova soltanto una stanza «méchante», che non fa che aumentare il suo malumore. Per raggiungere la via dei Vetturini, l’allora denominazione dell’odierna via Ugo Bassi, dove si trovavano le due locande doveva aver attraversato il centro della città, rivisto luoghi noti, ammirato bei palazzi ornati di portici: il confronto con la stanzetta dei Tre Mori dovette risultare proprio avvilente. Per fortuna, «heureusement», arriva il marchese Sampieri (oppure, se si crede alla seconda lettera, Liszt stesso va a trovare Sampieri) che, sapendolo solo, lo invita a casa sua. Liszt accetta di buon grado l’invito e nel seguito della lettera a Marie si sofferma a descrivere le meraviglie del luogo: drappi rossi sul letto, vista su un giardino in cui passeggiano variopinti pavoni e – last but not least – una cameriera di nome Annetta a sua disposizione!
Ritorneremo più avanti a commentare il resto della lettera (o meglio delle lettere!), ma per ora soffermiamoci a considerare gli interrogativi che pone questa prima parte. Se crediamo alla prima lettera, ci dobbiamo chiedere: come mai Sampieri sapeva dell’arrivo di Liszt e sapeva dove stava cercando alloggio e sapeva che era solo? Se invece crediamo alla seconda, resta l’interrogativo: come mai Liszt conosceva Sampieri e sapeva dove abitava? In entrambi i casi, il fatto di citare il Marchese nella lettera a Marie lascia supporre che entrambi lo conoscessero già, ossia che durante la prima visita a Bologna la coppia dei nostri turisti abbia fatto qualche conoscenza importante – fra cui lo stesso Sampieri.
Secondo interrogativo: dov’è il palazzo in cui Liszt è stato alloggiato, dal momento che il Marchese aveva diverse dimore?
Francesco Sampieri faceva parte del ramo della famiglia detto dalla Mercanzia residente in una parte del palazzo della Mercanzia, situato tra via Castiglione, vicolo Sampieri e via S. Stefano. Gli altri palazzi intestati ad altri rami della famiglia Sampieri erano quello di via S. Stefano 54, e quello di Strada Maggiore 26, a lungo erroneamente identificato come il luogo abitato da Sampieri. Erano di proprietà della famiglia anche due ville nei dintorni: una a Casalecchio e una vicino a San Luca. Sembra ovvio dover escludere che Liszt sia stato ospitato in una delle due ville fuori di Bologna, poiché in quel caso lo avrebbe sicuramente riferito a Marie e non avrebbe potuto muoversi agevolmente in città, come racconta nel seguito delle lettere. Nel 1818, al momento delle nozze di Francesco Sampieri con la cugina Anna De Gregorio, il palazzo della Mercanzia era in restauro così che la coppia trascorse il primo periodo di nozze nella villa di Casalecchio, poi nota come villa Sampieri Talon.
Ma nel 1838 il restauro era terminato, il Marchese già lo abitava e avrebbe potuto ospitarci il musicista. Il palazzo di Strada Maggiore potrebbe essere un’altra possibilità; esso sarebbe stato abitato dalla moglie del Marchese dopo il divorzio della coppia avvenuto nel 1844, ma ai tempi della visita di Liszt fungeva da “galleria d’arte”, come riferisce, tra gli altri, il viaggiatore inglese William Thomson nel suo diario di viaggio: «At the palazzo Zampieri I saw four vigorous frescos of the Carracci and Guercino upon the ceilings of different rooms», Thomson racconta anche di aver visitato la galleria dei dipinti posti in vendita dal Marchese nello stesso palazzo concludendo «The Marquis Zampieri lives with his family in another house» [William Thomson, Two Journeys Through Italy And Switzerland, Londra 1835]. Benché adibito ad altro uso, non è da escludere che, proprio per offrire al suo ospite la massima privacy, il Marchese lo avesse sistemato in un palazzo altrimenti “disabitato”; ma se così fosse, avrebbe Liszt dimenticato di citare gli affreschi dei Carracci nelle sue lettere a Marie? Altra possibilità, molto remota, è il palazzo di via S. Stefano dove abitava Giovanni Battista Sampieri, violinista, appartenente ad un altro ramo della famiglia, aggregato all’Accademia Filarmonica nel 1838. La mappa della città ci fornisce un importante indizio che l’abitazione di Sampieri fosse nel palazzo della Mercanzia, e questo era un fatto talmente noto che Liszt potè invitare Marie ad indirizzare la sua posta «chez le Marquis Sampieri» aggiungendo «tutti sanno dove sta».
Continuando nella lettura della lettera veniamo a sapere che, una volta sistemato nella nobile dimora, Liszt si mette a leggere «qualche capitolo» del Purgatorio, e quando viene a trovarlo Rossini lo trova addormentato. Chissà se abbia letto a lungo, o se abbia citato un verso (del primo Canto!), giusto per rassicurare Marie del suo impegno nella comune lettura dantesca; di fatto la citazione – leggermente inesatta – rivela una scarsa sensibilità per la metrica italiana: «Oh settentrionále vedovo sito» non è un endecasillabo regolare: il verso di Dante, infatti, va letto «Oh séttentríonál vedóvo síto» con regolarità di piedi giambici, oppure con accenti principali su quarta, ottava e decima sillaba [Purgatorio, I, 26].
Indi Liszt informa Marie di aver saputo da Rossini che il suo concerto è fissato per il sabato successivo, dimenticando di avvertirla che avrebbe suonato anche la sera di Natale alla Società del Casino. Eppure che ci sarebbe stato concerto, gli invitati lo sapevano già dal 25 novembre, avendone ricevuto esplicito invito, e, a maggior ragione, avrebbe dovuto esserne informato il protagonista. Si deve dunque ipotizzare che la decisione di inserire Liszt nel programma del concerto di Natale sia stata presa all’ultimo momento, magari da Sampieri stesso, che del Casino era il direttore musicale, e che Rossini non ne fosse ancora al corrente? Questa ipotesi, tuttavia, è contraddetta da un articolo apparso sul giornale Teatri, Arti e Letteratura dove si parla esplicitamente del concerto della sera di Natale.
(R.D.)